I dati di vendita delle cinture sono positivi, più che positivi. L’export del made in Italy decolla. Alle griffe piace: lo confermano le sfilate e, indirettamente, il prezzo medio. Non c’è dubbio. Quello cui assistiamo è l’eterna giovinezza della cintura.
L’eterna giovinezza della cintura
“Per la cintura italiana il cambio di rotta si è già tradotto in punte del +58,6% nell’export – dichiara Danny D’Alessandro, direttore di Assopellettieri -. Il risultato, tuttavia, è non controbilanciato da un pari incremento di volumi (+14,3%). Ciò dimostra che il prezzo medio del prodotto esportato è cresciuto. Dunque, a parità di condizioni ad essere acquistato di più è il prodotto delle grandi firme”.
Male le vendite in Italia
Rispetto a portafogli, borsellini, portachiavi astucci, per la cintura un insperato successo. Anche se sul mercato italiano l’andamento è meno premiante: -10% in quantità, -4,5% in valore, riporta Assopellettieri. Per il mercato dunque si continua a parlare di due velocità: si cresce grazie all’apporto dei brand, ma i piccoli continuano a soffrire, mentre l’effetto ricaduta non si avverte.
Le griffe
A proposito di griffe, la rassegna è ricca. Bottega Veneta propone cinture altissime, con maxi-fibbia. Chanel ne ha portate in sfilata a catena o in pelle coperta di perle. Gucci le propone con logo in strass: cinture da donna naturalmente. Orciani per l’uomo ha proposto il nobuckle.
Torna l’oversize
Le cinture rivivono una stagione importante con il ritorno degli anni ’70. Vintage, in questo caso, vuol dire oversize: larghe, doppie, pendenti. Si è visto lo scorso settembre a Mipel, ma anche negli stand di Lineapelle, dove gli accessoristi hanno confermato un aumento nella richiesta di fibbie. (ac)
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