Dentro ci sono praticamente tutti. Da Mini e Polestar, che in tempi più o meno recenti si sono prodotti in pubblici endorsement per le alternative alla pelle. Fino a Kia, che propone interni “vegan-friendly” per i modelli Picasso 1 e Rio 1, o Ferrari, che ha in catalogo soluzioni in tessuto (pur senza ammantarle di contrapposizione ideologica a quelle di origine animale). L’anagrafe delle vetture veg di Autoexpress, insomma, è davvero esaustiva. E, cosa ben più importante, la testata britannica la compila con piglio non solo analitico, ma anche piuttosto critico. Non si lascia ammaliare, come fanno molti, dalla retorica vegana. Al contrario, pur ospitando la posizione di PETA, registra anche quella di One4Leather, portale di riferimento, in ambito automotive, per la cultura (e, quando necessario, difesa) della pelle.
Le vetture veg
One4Leather inizia con un chiarimento: “Nessun animale è soppresso per la produzione di pelle per gli interni automobilistici”. Già, perché nel dibattito pubblico spesso si confondono (maliziosamente) le carte. La pubblicistica vegana spinge su un’associazione di idee, pigramente recepita dalla stampa generalista. Quale? Evitare i prodotti di origine animale sarebbe non solo coerente con l’ideologia veg, ma anche genericamente più green. Invece, si ribadisce dalle colonne di Autoexpress, la concia è di per sé sostenibile e circolare, perché la materia prima conciaria è un sottoprodotto della zootecnia, altrimenti destinato allo smaltimento in discarica. A proposito di qualità del dibattito, One4Leather si trova a dover fare chiarezza su un secondo punto: le alternative veg spesso si autodefiniscono come “pelle” di diversa origine. Non lo sono e, proprio per non confondere il consumatore, non dovrebbero definirsi in tal modo. Perché al cliente, altrimenti, sfugge (come spesso accade) che le alternative sono il più delle volte materiali plastici sul cui impatto ambientale gravano grossi interrogativi.
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