La premessa è che il gruppo sarà pure di nazionalità tedesca, ma ha radici italiane profonde. “I comparti distributivo e produttivo del settore automotive, compresa la componentistica, sono un’eccellenza italiana importantissima – spiega Massimo Nordio, CEO di Volkswagen Italia, a L’Economia, inserto del Corriere della Sera –. Basti pensare, ad esempio, che il nostro gruppo ha 400 fornitori che operano in Italia, acquista ogni anno circa 2 miliardi di euro in parti che vengono montate sulle nostre auto e vendute in tutto il mondo, compresa l’Italia”. Per questo il manager spera che il Governo abbia le idee chiare sul da farsi per uscire dalla crisi. Perché le quattro ruote del Belpaese sono un asset fondamentale, per loro come per il PIL italiano. “Il settore è un monoblocco industriale che garantisce un gettito di quasi 80 miliardi di euro l’anno – aggiunge –, il 15% del totale delle entrate dello Stato italiano”.
Volkswagen Italia
Il contesto di crisi, ça va sans dire, è quello innescato dalla pandemia di Coronavirus. “Non abbiamo fatto ricorso alla cassa integrazione per non gravare sulla collettività – ricorda ora Nordio –. Abbiamo effettuato una chiusura di due settimane nel momento più ostile di Covdi19, coperta dall’utilizzo di ferie e permessi residui”. Ora si tratta di risollevarsi dalle ceneri. Il manager Volkswagen usa toni distensivi: “Sono fiducioso che il Governo studierà le dovute misure per aiutare la ripresa. Il settore è strategico, ma serve una spinta fondamentale per innescare la ripartenza”.
Di che cosa c’è bisogno
Innanzitutto, l’Esecutivo deve rivelarsi in grado di andare oltre un certo grado di ostilità verso le quattro ruote. “Che da qualcuno l’automobile non fosse troppo amata e mal sopportata era chiaro già prima della pandemia – osserva Nordio –, ma allora il settore non rischiava danni così ingenti come oggi”. Poi intervenire in primis sulla domanda. Quali sono i suggerimenti del manager? “Ora nell’interesse della collettività del Paese, bisogna intervenire per rilanciare e sostenere questo settore, tutti insieme – risponde –. Vi sono due fasi distinte, la prima riguarda l’emergenza, far ripartire velocemente la domanda con una forma di incentivazione straordinaria”. E la seconda? “Si riferisce all’evoluzione della mobilità, traghettandola come dico sempre dall’analogico al digitale, ossia verso una forma elettrica”. Il processo è già in atto, riconosce il manager, “ma è necessario intervenire anche sul parco circolante che è enorme (circa 40 milioni di veicoli) in gran parte vecchio, inquinante e poco sicuro”.
Foto Imagoeconomica
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