Alla luce degli scadenti risultati di mercato, Volvo ha deciso di liquidare la quota del 48% di Polestar. Il mercato applaude il gruppo svedese, con un rialzo del 27% del titolo, mentre punisce con il -14% quello del brand della mobilità elettrica “vegan first”. A quanto pare, la storia di Polestar non è ancora all’ultimo capitolo. L’azionista di maggioranza Geely Group (che ora dovrebbe raccogliere la quota di Volvo) conferma il sostegno finanziario e operativo alla casa automobilistica. Volvo spiega che non darà più contributi finanziari, ma che al contempo alcune partnership (come quella distributiva) non sono in discussione. Dal canto nostro, osserviamo che anche nelle quattro ruote (come nel food e nei materiali per la moda) col marketing vegano non si arriva lontano.
In crisi dal Covid
Stando a quanto sintetizza la stampa, i problemi di Polestar si sono inaspriti con la pandemia. Il brand, nato nel 1996, ha fallito gli obiettivi di vendita pure nel 2023, malgrado fossero stati rivisti al ribasso. Mentre la banca svedese SEB declassa il titolo, per tenere in vita le attività si prepara una cura lacrime e sangue che passa dal licenziamento del 15% della forza lavoro (circa 450 unità). Il CEO Thomas Ingenlath si dice “ansioso” di scoprire gli sviluppi della partnership con Volvo e delle sinergie con Geely Group. Lo stesso Thomas che provava a vendere l’idea che Polestar salvasse vite animali perché non montava pelle nei suoi interni.
L’auto vegan first
Certo, le dinamiche dell’auto sono più complesse della sola scelta degli interni. Ma notiamo una certa similitudine tra la crisi di Polestar e il fallimento di Mylo di Bolt Threads, per non parlare della chiusura di tanti brand della cosiddetta carne vegetale. Il mercato svela, cioè, che certi bluff del marketing hanno le gambe corte. O meglio: che su certi bluff del marketing non si possono costruire storie di successo, se non c’è altro a sostanziare la bontà dell’impresa. Polestar prima del Covid si era spesa in una roboante svolta vegana, poi retrocessa a vegan first in tempi più recenti: non è servito a nulla. Speriamo che la parabola sia d’esempio al suo socio liquidatore, Volvo, che si è impelagato nella stessa strettoia del “leather free”: con gli slogan facili si guadagna un po’ di attenzione, ma non si conquistano i consumatori.
Foto d’archivio da Polestar
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