La prima vettura leather free segna un pericoloso giro di boa per Volvo. La casa automobilistica svedese ha presentato Volvo C40 Recharge, modello elettrico che vanta (si fa per dire) interni senza pelle. E fin qui, potremmo lasciarcelo scivolare addosso. Il problema è che un portavoce del brand, parlando con il magazine RoadShow, ha anticipato che il nuovo veicolo si inserisce in una più ampia strategia industriale dove la pelle avrà sempre meno posto. E sulla base di argomenti davvero deboli.
La prima vettura leather free
Da Volvo spiegano che l’intenzione è diventare “solo elettrico” dal 2030 e “fully carbon neutral” entro il 2040, supply chain inclusa. Per raggiungere l’obiettivo, il brand ha analizzato l’intera catena del valore, inclusa la pelle. E qui casca l’asino. “Intendiamo ridurre il contenuto di pelle nelle nostre auto – racconta il portavoce –: sarà una transizione graduale”. E perché? “Siamo consapevoli che i consumatori desiderano sempre più materiali privi di pelle – risponde –: si preoccupano per il benessere animale. Riconosciamo queste preoccupazioni, anche se tutte le attuali forniture di pelle di Volvo Cars provengono da fonti responsabili e tutte le pelli grezze fornite a Volvo Cars sono sottoprodotti dell’industria della carne bovina”.
La debolezza degli argomenti
Dunque, l’analisi della filiera porta Volvo a ridurre l’impiego di pelle non su presupposti scientifici, o analitici, ma solo per ragioni di marketing. Per assecondare quello che appare l’orientamento prevalente nel pubblico, detto in altri termini. E su che alternative si orienterà Volvo? “Invece della pelle, utilizzeremo materiali diversi, inclusi vinili e tessuti sostenibili – argomenta il portavoce –. L’ambizione di Volvo Cars è che entro il 2025 il 25% degli interni delle nostre auto (in peso) sarà riciclato e biobased. Il progetto di riduzione della pelle sarà su tutta la linea, ma non abbiamo condiviso un piano”.
Cronaca di un addio
A voler guardare il bicchiere mezzo pieno, almeno il portavoce di Volvo si dimostra consapevole del fatto che la pelle bovina è il sottoprodotto dell’industria alimentare. Meglio del CEO di Polestar, brand dello stesso gruppo, che rinunciando alla pelle credeva “di salvare le mucche”. Rimane il dispiacere di apprendere che, a breve distanza da Mini, un altro gruppo automobilistico scarterà la pelle per ragioni a dir poco opinabili. Come ha osservato Fabrizio Nuti, presidente UNIC – Concerie Italiane, si alimenta un antagonismo tra l’auto elettrica e la pelle che non ha ragion d’essere. Proprio quando lo studio FILK, oltretutto, ha dimostrato che le cosiddette alternative eco non hanno nulla di meglio della pelle naturale.
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