È uno strano periodo per JBS, multinazionale brasiliana della filiera carne. Dopo aver risolto (perlomeno in primo grado) i problemi giudiziari dei suoi due leader, Wesley e Joesley Batista, la cui interdizione agli affari (causa coinvolgimento nello scandalo Operação Greenfield) è decaduta a fine settembre, e dovendo fare i conti col pesante calo delle macellazioni sudamericane 8-10%, ora deve inghiottire un “boccone societario” molto amaro. Il 26 ottobre, infatti, JBS ha dovuto incassare il veto di uno dei suoi principali azionisti, la banca d’investimento governativa BNDESPar (che detiene il 20% del capitale), in relazione al piano di riorganizzazione aziendale che prevedeva lo spostamento della sua sede internazionale, definita “ultimate parent company”, in Irlanda. Le ragioni del “niet”? Secondo BNDESPar l’operazione irlandese avrebbe trasferito fuori dai confini brasiliani l’85% del flusso di cassa di JBS, “alterando diritti e doveri di tutti gli azionisti”. La Borsa di San Paolo ha reagito piuttosto male alla notizia: -18% le azioni della multinazionale. Wesley Batista ha ostentato freddezza, comunicando agli azionisti la decisione in una conference call e passando immediatamente a considerazioni di mercato: “Negli Stati Uniti il segmento del manzo sta migliorando e ci darà soddisfazioni nei prossimi anni, mentre in Brasile, il peggio è alle spalle”. (lf)
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