Delocalizzazione produttiva, oscillazione della valuta e negoziati di adesione all’UE in partenza il prossimo giugno. Il futuro dell’Albania, paese terzista del comparto calzaturiero, è tutto qui. “Credo che le forti fluttuazioni del Lek, la moneta albanese, siano frutto delle speculazioni finanziarie, anche interne all’Albania. È chiaro che una perdita di valore del Lek fa aumentare l’import delle materie prime e di conseguenza anche il costo della produzione, rendendo le imprese albanesi meno competitive. Forse chi fa speculazione non si rende conto di questo” ci ha detto Skënder “Keno” Pashaj, direttore commerciale di Fital, impresa da circa 18 milioni di euro, con 1.050 dipendenti e sede a Tirana che produce circa 8.000 paia di scarpe al giorno sia per brand di proprietà (con pellame italiano) e sia conto terzi. In merito al possibile ingresso dell’Albania in Europa, Pashaj ritiene che Tirana non debba bruciare le tappe: “Se hai un’economia troppo debole cosa ci vai a fare in Europa? Bisognerebbe prima siglare degli accordi per fare crescere il Paese a livello infrastrutturale. Ingresso in Europa penalizzante per l’industria calzaturiera locale? Non direi. Credo sia giusto che ci siano standard per tutti i Paesi. Il problema è che il mercato delle scarpe è saturo, invaso da prodotti di pessima qualità”. (mv)
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