“Stiamo cercando di far girare le cose per il verso giusto, l’anno scorso la crescita è stata del 15%, quest’anno puntiamo al 10-20”. Sono le parole del direttore di Bata, Luis Pinto, il quale lamenta però che la capacità produttiva della fabbrica di Gwata (Zimbabwe) è frenata dalla carenza di pelli: “Siamo a circa il 70% della potenzialità e la ragione viene dalla difficoltà a reperire pelli, non ne abbiamo abbastanza. Ne avremmo bisogno di circa 500 invece delle duecento quotidiane che lavoriamo. Dovrebbero bandire le esportazioni perché ci penalizzano” ha sentenziato, nel precisare che neppure l’opzione di pagare le pelli in contanti ha risolto il problema, causato anche dall’export di contrabbando. La manifattura si è così ristretta alla scarpa di base, come quella da lavoro, da safari e da bambino. Il manager di Bata, azienda che oggi possiede 1400 dipendenti a fronte del 1700 di due anni fa, nota che la manifattura cinese ha esercitato pressione sugli obiettivi espansionistici, ma afferma di consolarsi con una base cospicua di cliente che apprezza “il nostro prodotto di qualità. Non subiamo del tutto l’impatto dalle scarpe da mercatino dell’usato, ma dobbiamo produrre circa il 20% altrove”.
Nel febbraio del 2012 Bata chiuse la fabbrica di Kweke e produce al momento circa 75 mila paia al giorno. (pt)