Orlatrici cercasi: l’estinzione, ormai, pare prossima, mettendo in crisi la produzione calzaturiera italiana, dal Nord al Sud. L’ultimo imprenditore a lanciare l’allarme è stato Enrico Ciccola, presidente dei calzaturieri di fermo: “Dopo anni di delocalizzazione, la fase di orlatura viene ormai eseguita all’estero. Ma le piccole aziende a carattere familiare, che non delocalizzano, se non hanno a disposizione un’orlatrice non riescono a produrre. Le orlatrici che ci sono oggi hanno tutte più di 50 anni per cui quando andranno in pensione e non ci saranno più, molte aziende saranno costrette a chiudere. È un ragionamento semplice da fare” dice Ciccola che, però, ha la soluzione in tasca: “Per apprendere il lavoro dell’orlatrice sono necessari due anni. Per risolvere la questione abbiamo bisogno di un grande progetto di formazione, rivolto a italiani e immigrati, ed è necessaria la defiscalizzazione degli oneri sociali”. Ma anche le grandi aziende soffrono per la mancanza di questa figura professionale, tant’è che Renato Mazzocconi di Imac-Primigi sostiene di avere difficoltà a realizzare il campionario: “Produciamo all’estero non solo per i costi di lavoro più bassi rispetto a quelli italiani, ma soprattutto perché qui non troviamo più manodopera per particolari lavori manuali”. La mancanza di orlatrici è un freno al reshoring, come ha avuto modo di sottolineare anche Siro Badon, presidente ACRIB, per il quale l’assenza di manodopera e addetti a taglio/orlatura renderebbe difficile il rientro in Italia della produzione svolta all’estero. “Se la legge sull’etichettatura obbligatoria impedirà anche di far fare all’estero le operazioni di taglio e orlatura sarà un disastro” ribadisce Manfredo Gironacci (Melania) secondo cui è impossibile produrre in Italia tutte le scarpe che vengono realizzate all’estero: “E poi – continua Gironacci – ammesso e non concesso che si riuscisse a trovare il modo di fare tutte le lavorazioni in Italia: con quali costi? Andremmo sicuramente fuori prezzo e quindi fuori mercato”. (mv)
EDIT luglio 2019
Due anni dopo la situazione non è cambiata e qui vi raccontiamo perché.
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