Cina, India, Brasile e Portogallo: The Covid Storm sulla scarpa

Cina, India, Brasile e Portogallo: The Covid Storm sulla scarpa

“La pandemia ha avuto un impatto catastrofico sulla pelle cinese“. A dirlo è Li Yuzhong (nella foto, il primo da destra) presidente della Chinese Leather Industry Association (CLIA), protagonista il 22 luglio del webinar organizzato da Expo Riva Schuh e intitolato “The Covid Storm: from difficulties to relaunch”. L’evento è stato moderato dalla giornalista tedesca Claudia Schulz e ha visto intervenire i principali protagonisti internazionali della produzione calzaturiera. Durante l’appuntamento è emerso come il virus stia cambiando l’approccio dei brand internazionali, rivoluzionando così anche gli equilibri.

The Covid Storm

“In Portogallo stiamo vivendo una nuova normalità, per così dire – spiega il direttore generale APICCAPS, sigla dei calzaturieri lusitani, João Maia (nella foto, il primo a sinistra) -. La fase peggiore l’abbiamo vissuta tra aprile e maggio, quando la produzione è scesa del 45%, mentre adesso siamo a circa l’80%. Finora la collezione estiva non si è venduta per niente. Non sappiamo come andrà la nostra capacità produttiva in autunno, ma gli ordinativi sono ripresi e siamo abbastanza ottimisti”. Il direttore dell’associazione portoghese ha anche illustrato in anteprima mondiale i dati sulla produzione internazionale di scarpe. “In Cina e negli altri Paesi asiatici si produce il 90% delle scarpe utilizzate in tutto il mondo, l’87% delle quali nella stessa Asia – spiega Maia -. In questi mesi la Cina ha diminuito le esportazioni e, pur restando un colosso, si colgono dei segnali di cambiamento”.

Ripartenza asiatica

In questo momento, ha evidenziato Li, la produzione dei calzaturifici cinesi è arrivata al 70% rispetto ai soliti livelli, ma a febbraio per molti era scesa al 20%. “Alcuni sono riusciti a recuperare, soprattutto quelli di dimensioni maggiori, mentre i piccoli faticano ancora”. Prosegue lentamente anche la ripresa in India, secondo produttore mondiale. “A marzo abbiamo vissuto un lockdown parziale – spiega Aqeel Ahmed Panaruna (nella foto, il secondo da sinistra), presidente del Council for Leather Exports (CLE) -. Tra maggio e giugno i livelli di produzione sono arrivati al 50%, circa ma entro la fine di luglio prevediamo di tornare all’80%. Siamo fiduciosi, crediamo di poter tornare presto in sella e con forza“.

 

 

Nuovi equilibri

Da un sondaggio condotto a livello mondiale da APICCAPS e illustrato da Maia emerge che i consumi di scarpe potrebbero registrare un calo a livello mondiale di circa il 22,5%. Entrando nello specifico delle diverse aree, l’Europa e il Nord America dovrebbero conoscere una contrazione del 27%, mentre l’Asia del 20%. “Il dato è da aggiornare – aggiunge Maia – e immaginiamo che la contrazione possa arrivare per l’Europa fino al massimo al 30%”. Tuttavia il virus sembra stia cambiando sia l’approccio dei brand sia gli equilibri di produzione. Un punto messo in luce da Leticia Sperb Masselli (nella foto, la seconda dea destra), direttore generale della Brazilian Footwear Project (Abicalçados). “L’impatto del virus sulla produzione brasiliana è stato inizialmente contenuto, ma ora la situazione si sta facendo in alcuni casi drammatica – spiega -. Tuttavia constatiamo una riallocazione della produzione mondiale. Molti buyer si stanno interessando al Brasile come fonte di approvvigionamento alternativa, essendo il nostro Paese il primo produttore dopo le piazze asiatiche. Dato quindi che quando parliamo oggi di grandi volumi non ci riferiamo più a quelli dell’epoca pre-Covid, riusciamo a gestirli bene”. (art)

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