Ventimila manifestanti hanno invaso le città colombiane di Bogotà, Calì, Medellin, Bucaramanga, Barranquilla e Cúcuta per protestare contro quella che il settore calzaturiero ritiene un’invasione di scarpe asiatiche. Ai cortei hanno partecipato imprenditori, dipendenti dei calzaturifici locali e semplici cittadini. Sono stati mostrati striscioni del tenore “Non comprate scarpe cinesi, sostenete le nostre”, e ancora “Colombiani, mettetevi nelle nostre scarpe”. Acicam, l’associazione colombiana delle concerie e dei calzaturifici, segnala che dal 2008 – data che segna l’inizio dell’apertura commerciale alle produzioni asiatiche – l’import è quadruplicato e nel primo trimestre del 2013 siamo a +60%. Il 70% della scarpa non colombiana è di manifattura cinese, venduta a prezzi cinque volte inferiori rispetto alla produzione domestica, già di per sé economica. Ma Acicam, oltre a segnalare che la situazione “è preoccupante” perché rischia di azzerare l’economia locale, non trascura l’aspetto etico-commerciale. Il 26% dell’import ha infatti un prezzo nominale di un dollaro a paio, che a giudizio dell’associazione mostra l’elevato livello di corruzione del personale di dogana che consente la sottofatturazione e il contrabbando. Il governo ha recentemente aumentato le tasse per l’importazione per un anno, ma il settore chiede che la misura divenga permanente. (pt)
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