È difficile stare dietro alle vicende della Guerra Commerciale. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump balla sulle date: il 2 aprile, ribattezzato Liberation Day perché giorno del riequilibrio delle relazioni internazionali, sarà un po’ meno liberatorio. Il tycoon ha confermato l’indiscrezione giornalistica secondo la quale per alcuni Paesi (ma non è noto quali) i dazi potrebbero essere “nicer”, cioè inferiori. Tanto è bastato perché le Borse, dopo un mese di perdite, ritrovassero slancio. Ma il fatto che la Casa Bianca abbia comunque nel mirino i “dirty 15”, cioè i Paesi verso i quali maggiori sono le asimmetrie degli scambi, non rasserena FDRA. Anzi.
Trump balla sulle date
Le categorie merceologiche motivo della contesa internazionale non sono quelle della moda. Ma il fatto che i dazi e i contro-dazi si annunciano “onnicomprensivi” chiama inevitabilmente in ballo il mondo fashion. Sorvolando sui fronti aperti con Cina e UE, tra i “dirty 15” sui quali Trump (in foto) vuole picchiare ci sono i grandi Paesi manifatturieri asiatici, come Vietnam, India e Indonesia. Quelli, cioè, dai quali i retailer statunitensi di calzature acquistano la gran parte delle calzature da distribuire poi negli USA. FDRA, l’associazione di riferimento, è appena stata in audizione a Capitol Hill (cioè, la sede del Governo) per manifestare le proprie preoccupazioni. Secondo i numeri che ha fornito a ModerRetail, circa il 99% delle scarpe commerciate negli States sono di importazione (2,4 miliardi di paia l’anno). Spezzare la supply chain sarebbe un ovvio problema.
Unica soluzione: inflazione
Ricostruire una filiera nazionale della scarpa, spiegano oltretutto da FDRA, sarebbe una scommessa che richiede decadi, nonché investimenti su infrastrutture e (soprattutto) personale. Quindi è illusorio pensare di poter rispondere in autonomia alla domanda nazionale. Il risultato della guerra commerciale nel mercato calzaturiero statunitense è uno solo: inflazione, condita con rallentamento dei volumi di affari. PWC, riporta ancora ModernRetail, stima che in seguito all’applicazione delle tariffe (sovraccosto che si riverserebbe sul consumatore) il prezzo delle scarpe potrebbe aumentare del 40/50%. Per i retailer andrebbero in fumo 5,9 miliardi di dollari annui.
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