L’ultimo caso è quello della Huahong, calzaturificio con sede a Dongguan, che ha annunciato di aver ridotto il numero di operai di 800 unità, passando a 3000 dipendenti. Guo Xiaoping, presidente della società, ha ammesso che diverse altre aziende di grandi dimensioni hanno ristretto la forza lavoro. Motivo: mancano gli ordini. In quella che la Clia (China Leather Industry Association) ha definito “la peggiore situazione storica”, le commissioni sono calate al punto tale da spingere le aziende di Dongguan al di sotto del margine ritenuto minimo, ovvero il 5%. Situazione simile alla Pou Chen, un gruppo con fabbriche in Indonesia, Vietnam e Usa, uno dei maggiori manifatturieri al mondo, che con le sue 170 milioni di paia annuali per 50 brand, produce il 15% delle sneaker vendute nel mondo. L’azienda, anche questa con sede a Dongguan, ha affermato di aver registrato nel 2012 profitti del 2,4%. La discussione dei manifatturieri ha quindi una sola direzione: andare a produrre in altri Paesi del Sudest asiatico, ma per questo chiedono l’intervento governativi per la rilocazione degli impianti. Il costo del lavoro ha anche costretto la Huahong ad aprire una fabbrica nel Guizhou, attratta dal salario medio di quella provincia, della metà più basso che a Dongguan. Clia ha calcolato che nel settore il salario medio orario cinese è passato da 0,39 dollari nel 2003 a un dollaro attuale. (p.t.)
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