L’anno fiscale si è chiuso con un bilancio positivo per l’export dell’area pelle etiope (124,3 milioni di dollari, +11,4%), ma l’associazione di categoria considera la cifra un risultato parzialmente fallimentare rispetto all’obiettivo dei 192 milioni. In particolare, all’export contribuisce in modo sostanziale la pelle finita (101 milioni), la calzatura porta nelle casse del paese 19,2 milioni e i guanti per 3,2 milioni. La cifra della scarpa viene definita deludente dall’Ethiopian Leather Industry Development Institute (Lidi). L’associazione calcola che calzature per un controvalore di 20 milioni sono uscite illegalmente dal paese per via del forte fenomeno del contrabbando. Quella della pelle è una delle otto attività industriali incluse dal piano governativo di sviluppo quinquennale avviato nel 2010/11, che mira a ricavare mezzo milione di dollari entro il 2014/15. Nel triennio iniziale la pelle non ha però mantenuto le aspettative, generando introiti per 200 milioni. Lidi lamenta l’alta tassazione sull’import delle pelli di bassa qualità (150%) che a suo dire frena la produzione, ma continua i corsi di formazione professionale per conciatori in collaborazione con l’università di Addis Ababa. (pt)
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