In Sudafrica fanno sul serio. Entra oggi nel suo nono giorno lo sciopero indetto dai lavoratori del settore calzaturiero che, particolare non secondario, hanno deciso “di proseguire ad oltranza nella protesta”. Ulteriore, preoccupante, dettaglio: non si intravede uno spiraglio risolutivo. I due sindacati, Southern African Clothing and Textile Workers Union (SACTWU) e National Union of Leather and Allied Workers (NULAW) rivendicano un aumento salariale del 9%. L’associazione datoriale, South African Footwear e Leather Industry Association (SAFLIA) è disposta a concedere “al massino il 6,25% in più”. I segretari generali dei sindacati, Andre Kriel e Ashley Benjamin, si sono impegnati a “fare tutti i tentativi possibili per far terminare lo sciopero, ma non sono arrivate sostanziali novità dalla controparte”. Il presidente di SAFLIA, Noel Whitehead, come riporta la testata Indipendent Online, ha dichiarato che “lo sciopero ha causato disagi da ambo le parti, senza nessun vincitore. La maggior parte dei calzaturifici stava già lavorando a orario ridotto, a causa delle scarse vendite”. A riprova di questa affermazione, i dati indicano che la produzione annuale di calzature in Sudafrica nel 2017 è scesa del 17%. “Questa riduzione è la prima che registriamo dal 2011. Tutte le indicazioni lasciano pensare che nel 2018 la produzione si ridurrà ulteriormente, il che sta mettendo a dura prova l’industria nel suo insieme” ha concluso il presidente SAFLIA prima di evidenziare come, dal 2003 in poi gli aumenti dei salari, “avevano superato anche l’inflazione per cui l’incremento del 6,25% sarebbe congruo con l’attuale situazione”. (mv)
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