L’associazione calzaturiera indonesiana, Aprisindo, rivela che un numero consistente di operatori stranieri del settore calzaturiero avrebbero rinviato i piani di investimento dopo una protesta sindacale inscenata al maggior parco industriale del Paese.
Haryanto, presidente dell’associazione, dichiara che si tratterebbe di un gruppo di imprese pronte a sborsare 100 milioni di dollari nel settore per creare almeno 10 mila posti di lavoro. Alcune di queste avevano programmi già definiti per la città di Tangerang. “Per ora hanno deciso di ritardare l’avvio dei lavori”, sottolinea, “ma il clima per gli investitori sta peggiorando, soprattutto dopo le dimostrazioni sindacali delle ultime settimane”. I lavoratori indonesiani hanno manifestato per ottenere salari più alti e una riforma del sistema organizzativo dell’outsorcing. Il 3 ottobre gli scioperi hanno colpito Cikarang, dove sono scesi in piazza migliaia di operai: si tratta di una città la cui zona industriale produce soprattutto automobile e scarpe. Ma il portavoce della polizia di Jakarta sottolinea che erano almeno 50 mila i manifestanti tra Bekasi, Tangerang and Depok, al punto da costringere le forze dell’ordine ad allestire un corpo militare di 15 mila agenti per evitare il “contagio” dalle fabbriche alle piazze delle città.
Gli investitori starebbero rivedendo i loro piani per varie ragioni. Primo: la protesta non sembra destinata a cessare fino a quando gli stipendi non saranno aumentati. Secondo: gli scioperanti avrebbero occupato anche fabbriche di non aderenti, provocandone lo stop produttivo e una perdita stimata sui 520 mila dollari al giorno. Terzo: la pace socialenel Paese è venuta meno.
Sembra quindi svanire l’obiettivo che i calzaturieri indonesiani si erano prefissati per l’anno in corso: il superamento dei 5 miliardi di dollari nel fatturato estero. “Andrebbe già bene”, confessa il presidente dell’associazione, “se ripetessimo il dato dello scorso anno”. Nel 2011 l’export indonesiano di scarpe fu di 3,5 miliardi di dollari.