Il lusso appare in salute e i top brand procedono a vele spiegate, certo. Ma per la calzatura italiana la ripresa è lontana. Nel primo trimestre 2021 la produzione made in Italy risulta in calo del 6,4% su base annua, nonché del 30% circa sull’analogo periodo del 2019. Ciò comporta che il numero di calzaturifici e produttori di componentistica è sceso di 123 unità, mentre gli occupati sono 587 in meno rispetto a dicembre 2020. L’export ha registrato un modesto +0,3% in quantità e +3% in valore. Il consumo domestico, invece, ha conosciuto un nuovo calo del 3,5% in quantità e del 6,9% in termini di spesa.
La ripresa è lontana
“La ripresa è ancora distante, sebbene l’attenuarsi della virulenza pandemica riesca a farci intravedere la luce in fondo al tunnel – osserva Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici (nella foto) –. I tempi di recupero non saranno brevi, con pesanti conseguenze sulla selezione tra le imprese e la tenuta occupazionale”.
I trend dell’export
Le note positive, dicevamo, sono arrivato dall’export. Bene la Svizzera (+13% in quantità), meta di piattaforme logistiche delle vendite online. In maniera simile il +8% della Francia si riconduce al contoterzismo italiano per le griffe del lusso. La Cina (+44,4% in volume e +74,8% in valore) ha premiato soprattutto i grandi marchi. Male i mercati tradizionali, invece, come Germania (-0,8% in quantità), Stati Uniti (-8,6% in valore).
Regioni e province
A proposito delle regioni di produzione, tra quelle che hanno conseguito risultati migliori in valore ci sono Toscana (+28,7%), Veneto (+6,2%), Piemonte (+11,5%) e Puglia (+2,5%). Sono in area negativa, invece, Lombardia (-0,7%), Marche (-11,7%) ed Emilia Romagna (-32,1%). Nella graduatoria per province spicca l’exploit di Firenze (+44%, con un +16% anche sul primo trimestre 2019), saldamente al primo posto con una quota del 18,2% sul totale nazionale. (mv)
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