Obiettivo sopravvivenza. La calzatura portoghese (1.300 aziende con circa 40.000 addetti) cerca di cambiare pelle. È necessario per andare incontro alle mutate esigenze del mercato. Con il coronavirus le occasioni d’uso per indossare una scarpa elegante o formale si sono drasticamente ridotte. I calzaturifici lusitani non si aspettano che si possa più tornare al periodo pre-pandemico: trasformano, quindi, il loro business.
Obiettivo sopravvivenza
C’è chi ha integrato la produzione calzaturiera con quella di mascherine. Chi, invece, ha avviato la produzione di scarpe di sicurezza. E chi, infine, ha cercato di adattarsi il più possibile a ciò che richiede oggi il mercato. ToWorkFor di Guimarães, ad esempio, è specializzato in calzature di sicurezza. Ora produce mascherine e sta sviluppando altri prodotti. “La pandemia ha aperto i nostri orizzonti. Abbiamo visto il potenziale di crescita che prima non vedevamo perché eravamo nella nostra comfort zone”, ha dichiarato a Reuters Orlando Andrade, responsabile marketing della società (foto a sinistra). Sempre a Guimarães, il calzaturificio Ambitious ha iniziato a concentrarsi sulle scarpe da casa o per il giardinaggio. “Per scarpe da casa, intendo calzature comode, leggere e che si possono indossare sia quando si resta a casa sia quando si esce – ci ha detto Paulo Martins, CEO dell’azienda che, nonostante le difficoltà del momento, resiste –. Abbiamo due unità produttive e dall’inizio del mese le assenze del personale hanno superato il 30%. Questo ha causato una riduzione della nostra capacità produttiva. Tuttavia, riusciamo a mantenere i nostri impegni con i clienti”.
Il calo delle vendite
Le trasformazioni non hanno certo compensato il calo delle vendite. Tra gennaio e agosto l’export del Portogallo è calato di circa il 17% rispetto i primi otto mesi del 2019. “È un periodo spaventoso per la scarpa di lusso – afferma Luis Onofre, presidente dell’associazione dei calzaturifici portoghesi Apiccaps e della confederazione europea CEC (foto a destra) –. Durante l’estate i negozianti praticamente non hanno venduto. Sono pieni di scorte. Se continua così, l’invenduto si accumulerà sempre di più e questo potrebbe decretare la fine di molte aziende”. (mv)
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