Quando la pelle ritorna. Il riferimento molto diretto a uno dei più “conflittuali” segmenti di destinazione per l’industria conciaria: la calzatura media e di volume. Qui, negli anni scorsi, l’assalto dei cosiddetti materiali alternativi (e più “a buon mercato”) è stato strutturale e particolarmente destabilizzante. Ora, però, il trend sembra aver innescato la retromarcia. E la pelle è tornata d’attualità. Con tutte le necessarie cautele del caso.
Uso in ripresa
“Noi lavoriamo solamente con prodotti in pelle. Il suo consumo nel segmento sta crescendo dopo essere rimasto stabile per alcune stagioni, che però sono state positive per la nostra azienda. Dal 2016 al 2019 abbiamo aumentato il fatturato del 30%. Nel nostro specifico, e poi guardando a tutto il segmento, direi che l’uso della pelle si è fermato intorno al 2015 e da lì è un po’ calato. Ma ora è in forte ripresa“. Sono parole di Massimo Rizzolo del Calzaturificio Luparense di San Martino di Lupari (Padova).
La ragione
Quale la ragione di questo trend? “Il prezzo – riprende Rizzolo -. Il costo della materia prima si è abbassato molto. Questo comporta che anche i gruppi più importanti, quelli che in questi anni avevano preferito altri materiali perché più economici, si sono orientati nuovamente verso la pelle. Il loro interesse rispetto alla pelle, in realtà, è rimasto sempre invariato. Siamo noi produttori che, oggi, riusciamo a entrare nel mercato più facilmente proprio grazie al prezzo”.
“A noi serve il fiore”
A fronte di questa evoluzione, cosa chiederebbe un imprenditore di calzature di volume ai conciatori? “Fiore. Ok qualche crosta, ma a noi serve il fiore per le calzature – aggiunge Rizzolo -. Che poi è la soluzione migliore per rispondere ai gusti dei clienti ai quali si rivolgono i nostri prodotti, ossia Nord Europa, Belgio, dove il gusto è tendenzialmente più classico che altrove”.
Un anno “positivamente stabile”
“Per quanto riguarda l’uso della pelle in questo segmento, ci chiedono in modo crescente pellami più pregiati che portano il prodotto al di sopra dei 200 euro. Parliamo di stampati e mezzi vitelli lucidi, soprattutto” racconta Samuele Camerlengo del Calzaturificio Lorenzi di Fermo. Un andamento positivo da cui, però, l’imprenditore marchigiano non si attende una spinta clamorosa per l’anno da poco iniziato. “Crediamo che il 2020 sarà più o meno in linea con il 2019, il che non sarebbe male. Per noi, infatti, l’anno scorso non è stato negativo, ma in linea con quello precedente. Ecco, non ci aspettiamo un grande boom per intenderci, ma una certa stabilità – chiarisce Camerlengo -. I clienti più importanti per noi si trovano soprattutto in Europa, anche se il Nord Italia resta importante. Poi abbiamo iniziato a prendere contatti con il Canada e gli Stati Uniti. Non siamo ancora arrivati a una concretizzazione, ma siamo ottimisti”.
Guardia alta
“Un cliente importante che decide di orientarsi verso il prodotto in pelle è normale che scelga produzioni italiane. Sono fatte meglio e può proporle più facilmente sottolineando che sono made in Italy” spiegavano alcuni imprenditori del settore tra i corridoi della recente edizione di Expo Riva Schuh (11/14 gennaio 2020). Tra loro, però, c’era anche chi evidenziava il possibile rovescio della medaglia. “All’interno di questo scenario le aziende italiane devono però continuare a lavorare bene ed essere capaci di rispondere a questa domanda. Chi non ce la fa, sparisce”. Il rischio, insomma, è che dopo la flessione degli anni passati ci sia chi non è in grado di stare al passo con le nuove richieste. “Ma a quel punto lo fa qualcun altro al posto suo”. E chi? “Ce ne sono tanti alla finestra. Prima di tutti gli spagnoli “.
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