Da una politica più conciliante con la Russia alla creazione di un fashion hub all’estero riservato alle PMI italiane. Obiettivo: agevolare, snellire e velocizzare le procedure di acquisto da parte dei clienti. Sono alcune delle proposte che gli imprenditori della scarpa italiana che stanno esponendo a Obuv Moscow indirizzano al Governo italiano chiedendo di sostenere le aziende alle prese con le sanzioni e le difficoltà del mercato russo. Governo che, per ora, nonostante le pressioni e le polemiche, non ha accolto nessuna delle richieste presentate.
Quello che chiede la scarpa italiana
Circa un mese e mezzo fa, a Micam, Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici, aveva presentato due proposte di sostegno per le aziende danneggiate dalle sanzioni applicate alla Russia da USA e Unione Europea. La prima: Cassa Integrazione a zero costi per le imprese, alla stessa stregua della “cassa covid”. La seconda: ristori per chi non poteva spedire a Mosca merci già prodotte. Un elenco più corposo lo aveva snocciolato il presidente di Camera Commercio Marche, Gino Sabbatini. Per esempio: riduzione dell’IVA per facilitare i consumi in Italia e CIG in deroga per salvaguardare gli addetti. Ma, anche: riattivazione della moratoria anche per i debiti tributari e ristori sulle calzature invendute.
Eccesso di dipendenza
Oggi da più parti si chiede alle imprese di ridurre la propria dipendenza dal mercato russo. Più facile a dirsi che a farsi. “Molte aziende hanno già diversificato dopo il 2014” afferma Andrea Brotini del brand toscano Pakerson. “Dare contributi per agevolare la partecipazione delle imprese alle fiere come approccio a nuovi mercati non serve. Un’azienda deve riorientare il prodotto, il marketing, ecc. Troppi soldi pubblici servirebbero… A questo punto chiederei al Governo un atteggiamento più conciliante, più morbido con il mercato russo”.
Un hub logistico
Anche il brand Pas de Rouge è a Obuv Moscow e il suo titolare, Mauro Zampieri, lancia la sua proposta. “Se fossi il Governo, coinvolgerei Sace, Simest, e una o due banche per realizzare un hub logistico capace di offrire quei servizi che oggi sono determinanti per concludere la vendita e che le PMI italiane non sono in grado di offrire”. Una sorta di “Casa Italia”, da realizzare, per esempio, negli Stati Uniti o in Cina, che sbroglierebbe e velocizzerebbe tutte i passaggi intermedi e burocratici tra la decisione di acquisto e il pagamento. “Così l’Italia si presenterebbe compatta e le PMI sarebbero in grado di offrire lo stesso servizio delle griffe” spiega Zampieri. “Il nostro cliente dovrebbe solo effettuare il pagamento. Inoltre, nello stesso hub, si potrebbe creare un outlet dove le imprese italiane decidono autonomamente se mettere in vendita le rimanenze di prodotto”. In questo modo, potrebbero “catturare anche i clienti più piccoli, trascurati per gli alti costi fissi delle procedure di spedizione e sdoganamento”. (mv)
Leggi anche:
-
Russia, chi vola a Obuv per colmare il vuoto lasciato dalle griffe
-
“Le sanzioni bloccano i pagamenti: il danno è a noi, non ai russi”