Quello che vi raccontiamo su La Conceria n. 1 è un aneddoto. Una semplice curiosità che salta fuori dai saldi di gennaio, dagli scaffali di un negozio multimarca di Napoli. Ma che apre un mondo. E ci spinge a parlare di una nuova branca del marketing green: il vegan come se fosse antani.
Il cartello
Insomma, la storia va così. Accostato alle calzature di Buffalo London, sulla loro bella mensola, c’è un cartello. Che dice: “PETA Approved – Vegan”. Bene, uno sarà spinto a dedurre che le sneaker non siano in pelle. D’altronde il logo di PETA, combattiva associazione radical-green, a questo dovrebbe servire. A mettere in risalto i prodotti “realizzati con alternative vegane” e ad aiutare “i consumatori a identificare gli articoli vegani a colpo d’occhio durante lo shopping”. Peccato che le scarpe in esposizione, al contrario di quanto sostenga il cartello, sono in pelle. Basta sbirciare l’etichetta per appurarlo.
Vegan come se fosse antani
Andando a fondo della questione, si scopre che, uno: Buffalo London, malgrado il nome, non è un brand inglese, ma tedesco. Due: alla tradizionale offerta di scarpe in pelle ha aggiunto una linea di prodotti “vegani”. Tre: PETA concede il proprio logo a chiunque lo paghi, anche se il suo catalogo non è totalmente vegano. Quindi il sedicente valore di strumento di indirizzo “a colpo d’occhio” non esiste. Perché basta che un commerciante posizioni male un cartello, perché distratto o non istruito in merito, e combina un pasticcio.
Di questo e altro parliamo su La Conceria n. 1
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