La scarpa italiana deve investire in digitalizzazione e sostenibilità e il Governo deve ridurre il cuneo fiscale. La competitività delle imprese calzaturiere è messa a dura prova dalle condizioni di mercato sulle quali grava il conflitto Russia Ucraina. In altri termini: 7 imprese associate ad Assocalzaturifici (aderente a Confindustria Moda) su 10 indicano un peggioramento dell’evoluzione congiunturale a partire dal secondo trimestre del 2022. Ne deriva che le previsioni per la seconda metà dell’anno sono molto prudenti.
Scarpa italiana allo specchio
A preoccupare è il quadro geopolitico. Ne fanno le spese soprattutto le aziende marchigiane e romagnole più esposte nei confronti dell’export verso Russia e Ucraina. Hanno l’esigenza di trovare mercati alternativi per cui dovrebbero investire, ma ciò accade in un momento in cui le vendite calano, gli incassi sono incerti e avvengono con ritardo. Ma il presidente di Assocalzaturifici, Siro Badon (nella foto Imagoeconomica), non si aspetta aiuti incisivi, perché “lo spazio di manovra del nostro Governo è piuttosto limitato”.
Su cosa investire
Digitalizzazione e sostenibilità sono le priorità per il comparto. “Senza competenze digitali – afferma Badon – e un approccio ai nuovi standard di produzione sostenibile, diventa difficile internazionalizzarsi. Ma, anche, nel medio termine, sopravvivere nella competizione globale. Saper produrre bene, in Italia, purtroppo, non è più sufficiente”. Quanto alla sostenibilità “è un pilastro su cui costruire una solida strategia per l’industria ed è un punto di partenza per le aziende del calzaturiero” dice Badon. E annunca il debutto dell’area Micam Sustainability Lab powered by VCS al padiglione 3 del prossimo Micam Milano.
Azioni sul cuneo fiscale
Infine, l’appello al Governo affinché “torni a ridare centralità all’industria manifatturiera e pianificare una strutturale revisione del cuneo fiscale”. Una richiesta che il mondo produttivo rivolge al Governo da moltissimi anni. “Non ci servono soldi a pioggia per tamponare le emergenze: serve una nuova politica industriale con cui valorizzare le nostre eccellenze, sia a livello di marchio sia a livello di filiera produttiva” conclude Badon. (mv)
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