Non essere solo un’insegna, cioè (come molti) solo una rete di distribuzione. Ma essere un’azienda dalle “due anime”: prima “dei negozi, specie in Asia”, c’è la “fabbrica”, la manovia. È questa, quando l’economia globale è squassata dalla pandemia di Coronavirus, la forza di Sergio Rossi. Lo dice Riccardo Sciutto, amministratore delegato dell’azienda, durante il CEO Roundtable di Fashion Magazine. “Noi abbiamo due anime, la manovia e i negozi, specie in Asia. Ed è un bene, perché credo che diventerà difficile per chi non ha produzione: la filiera diventa troppo lunga”.
La forza di Sergio Rossi
Il vantaggio cui fa riferimento Sciutto è quello del controllo della filiera. “Avere un magazzino e una fabbrica che lavora quasi solo per noi è un vantaggio – dice –. Abbiamo potuto alleggerire il carico quando ad Hong Kong si sono cominciate a guastare le acque. Siamo tornati a produrre a pieno ritmo quando la distribuzione lo ha richiesto”. Il panorama competitivo è cambiato, anche e soprattutto sul versante retail. “Si dovrà scegliere dove stare – continua il CEO –. Non si potrà più stare ovunque, bisognerà prendere delle decisioni. Noi abbiamo avuto il coraggio di aprire a Milano con un servizio di consegne. Senza fabbrica che analizza i dati del venduto e consegna in tre settimane, non potremmo farcela”.
Il coraggio di innovare
La crisi scatenata dalla pandemia, intanto, impone la forza e il coraggio di innovare. “Si arriva da una struttura tradizionale: fabbrica, ordine, sei mesi per la consegna. 120 passaggi per le scarpe, 24 ore per gli stivali. Ma ora si sono accorciati i tempi”. Sergio Rossi lavora per trovare, nel solco della tradizione, novità da introdurre nel processo. Come la progettazione 3D, uno strumento “per arrivare a produrre un nuovo modello senza passare dai campioni – dice –. Oggi è il momento più bello per provare, sbagliare e rifare. L’unico budget che abbiamo aumentato rispetto all’anno scorso, quando abbiamo dovuto tagliare i negozi meno redditizi, è quello per l’innovazione. La tecnologia aiuta: ci aiuta anche a umanizzare, a passare dal freddo e dalla paura al calore della relazione”. D’altronde i consumatori sono già un passo avanti. “Mi contattano su Instagram – spiega Sciutto – e mi chiedono, a me, il CEO, un colore diverso di un certo modello. Io inoltro la richiesta ai miei designer e propongo in vendita il rendering 3D, non il campione. Poi rispondo anche al messaggio Instagram”.
Il sogno per il made in Italy
Interrogato sul sogno per il made in Italy, Sciutto afferma di augurare meccanismi di aggregazione che permettano alle aziende manifatturiere di essere più forti e appetibili. “In Italia ci sono fabbriche da 7 o 10 milioni di euro di fatturato – conclude –. Ci vorrebbe un polo di 4 o 5 aziende, in territori diversi e con specialità diverse. Gli imprenditori ne sarebbero soci insieme al fondo che ha fatto da aggregatore. Sarebbe importante avere dimensioni e appeal maggiori ora, quando certi marchi non possono più andare a fare le scarpe in Cina”.
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