Se la chiamano sneakermania un motivo c’è. Ed è pressoché inutile ricordarlo, visto che ormai lo sappiamo tutti: la sportiva è diventato un modello calzaturiero che chiunque deve inserire in collezione, dalla griffe dell’hard luxury al brand radicato nel fast fashion. Siamo arrivati al punto (paradossale) che non produrle è diventato un tratto caratterizzante della propria offerta. A ennesima conferma di questo strapotere (anche mediatico, indubbiamente), arrivano due ricerche. La prima è stata realizzata in Francia dove la locale Shoe Federation ha calcolato che in 4 anni le sneaker hanno conquistato 7 punti percentuali di quota di mercato e ora sono ai piedi di 6 bambini su 10 e di oltre 5 uomini su 10. Non solo: Oltralpe la sneaker è un caso impreditoriale. Tanti, infatti, sono i giovani businessman che le scelgono come oggetto dei loro progetti di startup, puntando sulla tomaia in pelle e sulla raccolta fondi attraverso piattaforme di crowfunding. L’edizione francese di Fashion Network porta qualche esempio: Newlab e Off the Hook, che producono in Portogallo con pellami italiani, oppure Anamorphose, che in alcune linee ibrida derby e sportiva, con tomaia rigorosamente in pelle. In Italia, invece, i numeri li dà l’Osservatorio Non Food 2018 di GS1 Italy. Se la prima “scoperta” è la contrazione delle vendite di abbigliamento/calzature (-9,9% negli ultimi cinque anni), la seconda è che le sneaker segnano una strutturale controtendenza raggiungendo nel 2017 una quota di mercato pari (in valore) al 36,3% e un fatturato di 2,1 miliardi di euro (+4,4%). Esplosivo l’utilizzo del canale digitale: le vendite online di sneaker, in Italia, dal 2013 al 2017 sono cresciute del 189,3%.
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