Il lavoro c’è, ma mancano i candidati. Un grido d’allarme che parte dalla profonda provincia veneta. Nella Marca trevigiana, piccolo ma rinomato distretto calzaturiero, non si trovano gli operai specializzati. E proprio mentre la disoccupazione giovanile in questo territorio tocca il 31,6%. Gli “ectoplasmi” di questo segmento, in particolare, sono gli addetti alla premonta.
Ma mancano i candidati
“La premonta è un lavoro di precisione. Richiede attenzione, esperienza, colpo d’occhio. Facciamo fatica a trovare giovani disposti a imparare”. Lo spiega alla stampa locale Lewis Cavarzan, titolare del calzaturificio 4C di Montebelluna. L’azienda nasce nel 1979 come piccolo laboratorio artigianale di scarpe sportive in pelle. Oggi ai suoi prodotti 100% made in Italy lavorano una decina di operai, ma potrebbero essere di più. La ricerca riguarda appunto addetti alla premonta, il macchinario di precisione che monta la punta delle scarpe. “Svariate ditte nel nostro settore cercano questa figura di operaio specializzato – continua l’imprenditore trevigiano -. Idem per l’applicazione della suola che viene fatta manualmente. Non sono lavori difficili e sono anche molto ben retribuiti perché sono tra i lavori più importanti nella lavorazione della scarpa. Ci vuole, questo sì, attenzione e precisione. I ragazzi provano e poi si ritirano perché, da quello che ho potuto capire, non sono disposti a prendere delle normali responsabilità, che sono simili a quelle che si hanno nella vita, nel creare e sostenere la propria famiglia”.
L’allarme
Il mancato incontro tra domanda e offerta arriva così a determinare un paradosso. Da un lato le aziende cercano dipendenti, dall’altro il dato sulla disoccupazione nella fascia d’età 15-24 anni ha raggiunto quest’anno il 31,6% nella Marca. Non è un problema nuovo ma in tempo di pandemia stupisce gli imprenditori. “Il mondo dell’artigianato rappresenta una grandissima opportunità per i giovani del nostro territorio – afferma Mattia Panazzolo, direttore della CNA territoriale di Treviso -. Possono imparare un mestiere che darà anche la possibilità, se uno se la sente, di mettersi in proprio, di creare un’impresa. Dobbiamo valorizzare di più le scuole professionali che negli ultimi decenni sono state svilite e considerate di serie B. In Germania, che è il primo paese manifatturiero d’Europa, le scuole professionali sono un’ottima, prestigiosa alternativa per chi non fa il liceo. E così deve tornare ad essere anche da noi per riallineare domanda e offerta di lavoro, non creare nei giovani false aspettative e illusioni, risparmiare loro la frustrazione della disoccupazione e di non potersi costruire un futuro”. (art)
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