“Qualità. Questo è quello che mi piace. La buona pelle“. Alex Bredologos ha 90 anni e ancora tanta voglia di lavorare. Nel suo laboratorio artigiano di Virginia Beach continua a riparare calzature come fa da più di mezzo secolo a questa parte. Con l’amarezza, però, di chi vede chiudere le botteghe dei colleghi e ai piedi della gente scarpe scadenti.
“Quello che mi piace? La buona pelle”
Bredologos (nella foto, tratta da uno screenshot di news.yahoo.com) ha imparato a riparare le scarpe quando era un adolescente e viveva nella sua Grecia. Un vicino di casa che faceva il calzolaio gli propose di imparare il mestiere e lui lo seguì. A fine anni ’60 partì con la famiglia per gli Stati Uniti in cerca di fortuna. “Alcuni giorni penso che potrei andare in pensione – confessa a pilotonline.com -. Ma poi penso di no. Lavorare va bene“. In tutti questi anni molte cose sono però cambiate. “Qualità. Questo è quello che mi piace. Buona pelle” afferma tenendo in mano una scarpa di fabbricazione italiana.
Mosche bianche
Le 120.000 botteghe di calzolaio esistenti negli Stati Uniti negli anni Trenta sono diventate oggi 5.000. La causa? Il boom di scarpe tanto economiche che costa di meno comprarne un paio nuovo piuttosto che ripararne uno vecchio. Lo spiega il presidente del Shoe Service Institute of America, Jim McFarland: “Molte persone non sanno nemmeno che i calzolai esistono ancora. Più di 300 milioni di paia all’anno di scarpe scadenti finiscono nelle discariche e sono per lo più fatte di materiali artificiali che impiegheranno centinaia di anni a degradarsi”.
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