La scarpa europea è sotto pressione. Secondo le stime di World Footwear, il commercio di scarpe in Europa è sceso del 27% nel 2020. Il nuovo anno ha portato la buona prospettiva del vaccino, che promette di risolvere i problemi legati al coronavirus. Sulla carta, anche l’elezione di Biden e l’accordo tra Europa e Regno Unito fanno ben sperare. Ma a fine gennaio pesano ancora le recrudescenze della pandemia: negozi chiusi e turismo azzerato penalizzano tutti gli operatori del settore.
La scarpa europea
Italia
Nei primi 9 mesi del 2020 il settore ha perso 101 imprese, 2.600 addetti e il 33% del fatturato. L’export si è ridotto del 17,2% in valore. Il presidente di Assocalzaturifici Siro Badon ha espresso forte preoccupazione per la prima parte del 2021 per “un settore messo a dura prova”. Nei primi giorni di dicembre Assocalzaturifici aveva chiesto l’intervento del Governo per evitare la chiusura di migliaia di aziende. Non sta certo meglio il retail, con le crisi dei vari Conbipel, Pittarosso, Scarpe&Scarpe.
Germania
Si stima un calo delle vendite di scarpe compreso tra il 20 e il 25%. “Le prospettive sono relativamente scarse. Le aziende lavorano a ritmo ridotto e con programmi a breve termine”, ha detto Manfred Junkert, CEO di HDS/L (l’associazione federale di riferimento degli accessori). In Germania i negozi resteranno chiusi fino al 15 febbraio, peggiorando la liquidità delle imprese, che hanno ricevuto pochi ordini per la stagione Autunno/Inverno 20/21.
Francia
Anche qui la situazione è preoccupante. I negozi sono aperti fino alle ore 18. Secondo Dorval Ligonniere, della Federazione francese delle calzature, “il problema principale è il calo della domanda. La pandemia ha causato una riduzione dei consumi abbastanza significativa in tutti i mercati. È necessario trovare soluzioni per attutire questo calo di attività. Le aziende del settore dipendono solo dall’evoluzione degli ordini”. Un altro problema segnalato è la gestione delle (notevoli) scorte.
Spagna
La Federazione Spagnola delle Calzature (FICE) stima un calo della produzione del 30% nel 2020. Circa 19.300 posti di lavoro nel settore della calzatura e della pelle sono stati persi. Nei primi undici mesi l’export è sceso del 16,7% in valore. Attualmente la Spagna è uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia. Marián Cano continua ad essere la presidente ad interim dell’associazione calzaturiera FICE perché, spiegano dall’associazione, “abbiamo problemi più importanti da affrontare in questo momento”. Il problema è “la mancanza di ordini senza precedenti”. FICE stima che “in futuro sarà in gioco il 30% del settore retail che ha pochissimo sostegno dal governo”.
Portogallo
Qui non c’è mai stato lockdown per le industrie. Ciononostante Apiccaps, l’associazione portoghese delle calzature, stima un calo del commercio delle calzature di circa il 20% nel 2020. Il sentimento dei produttori è che il 2021 sarà “un anno ancora più difficile” e che la situazione “peggiorerà, prima di migliorare”. Luis Onofre, presidente Apiccaps e CEC, la confederazione europea della calzatura, si dice “sicuro che soffriremo ancora, perché i negozi sono rimasti con molte scorte. Questo sarà il problema principale per il nostro settore e per la moda, Bisognerà sfruttare l’online con le migliori collezioni possibili e con la migliore comunicazione possibile”. (mv)
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