Le dimissione di Franz Kock non hanno sorpreso gli analisti di Wall Street i quali da anni sono testimoni delle difficoltà di Puma. “Nei tempi più recenti non sono andati affatto bene – sentenzia Matt Powell di SportsOneSpurce – al momento la ruota gira dalla parte della tecnologia e Puma non è nota per il suo portafoglio ad alto contenuto tecnologico. Questo è un filone che si sviluppa in anni e non potranno fare passi da gigante a meno che si assista a un ritorno imponente dell’atletico casual”.
Un’analisi più articolata arriva da Christopher Svezia (Susqehanna Financial): “Koch non ha ereditato un’azienda che era la rock-star del settore, il declino era evidente già con Zeitz, ma durante l’anno e mezzo in cui è stato a capo dell’azienda i segnali non sono cambiati, come gli incassi e le prospettive dei margini aziendali. Anche i costi operativi erano saliti, indicazione delle inefficienze organizzative”.
Franz Koch, 33 anni, ha lasciato “per comune decisione” la poltrona di amministratore delegato il 30 novembre dopo appena 17 mesi. Aveva sostituito Jochen Zeitz il cui regno era invece durato 17 anni. Zeitz aveva ereditato un business da 250 milioni e nel 2011 aveva portato in cassa 3 miliardi. Quest’anno invece un forte calo, che molti imputano alla svolta ideologica dell’ex presidente, il quale aveva anche preannunciato la rinuncia alla pelle come materiale di utilizzo per il marchio tedesco.
Ad ottobre Puma ha comunicato la chiusura di 80 negozi mentre i profitti sono calati dell’85% nel terzo quadrimestre. Tra i problemi più immediati della casa con sede a Herzoghenaurach, quello di avere una penetrazione modesta in Asia al contrario dei suoi maggiori rivali, Adidas e Nike.
La partenza di Koch rappresenta uno dei passi diretti ad una ristrutturazione manageriale: a fine anno saranno avvicendati anche il chief operating officer, Klaus Bauer, e il capo del marketing, Antonio Bertone. (p.t.)
Nella foto: Zeitz affida il testimone di Puma a Koch. Oggi sono entrambi fuori