Chimica conciaria e pandemia: la visione del futuro di Silvateam

Chimica conciaria e pandemia: la visione del futuro di Silvateam

Uno stop contenuto, poi la ripartenza. Il gruppo piemontese Silvateam (leader nella produzione di estratti vegetali e prodotti chimici per il settore conciario) è pienamente operativo. E, mentre attende che il resto del mondo esca dal lockdown, progetta il futuro. Un futuro non nuovo, ma diverso, in cui la domanda si allineerà perfettamente con la sostenibilità, la naturalità e il benessere. Ne abbiamo parlato con Antonio Battaglia, direttore della Business Unit Leather di Silvateam.

Com’è cambiata l’organizzazione aziendale interna durante l’emergenza?

Fin da inizio marzo abbiamo adottato le best practice che emergevano in Italia e quelle che avevano messo in atto i nostri partner in Cina. Così abbiamo potuto mantenere aperta l’attività produttiva, che è connessa alla filiera agroalimentare. Invece, per la parte chimica abbiamo dovuto interrompere la produzione per un mese, nonostante sia poi emersa un’interpretazione secondo cui le attività legate all’export come la nostra potevano operare. E lì, secondo me, le voci poco chiare da parte del governo hanno fatto un po’ di danni. Perché in quelle settimane non avremmo venduto al 100%, ma almeno il 40% lo avremmo incassato. E sarebbe stato sufficiente per garantire la continuità e non ricorrere alla Cassa Integrazione. Operiamo poi lontano da focolai di Covid-19, quindi, per fortuna, non abbiamo registrato casi all’interno dei nostri stabilimenti. E siamo tornati pienamente operativi con tutte le linee di produzione. Il tema è adesso la domanda.

Il rallentamento dei mercati vi ha consentito di focalizzare l’attività su alcuni aspetti particolari?

I nostri collaboratori amministrativi e commerciali hanno lavorato, e continuano a farlo, in larga parte attraverso lo smart working. E sta funzionando benissimo. Siamo, così, riusciti non solo a mantenere i contatti con la clientela, ma addirittura a lanciare degli importanti progetti di marketing.

Per esempio?

Da sempre focalizziamo l’attenzione sulla tutela dell’ambiente. Ma da alcuni anni stiamo lavorando, a valle, alla creazione di una pelle profondamente sostenibile. Si tratta di un tema attualissimo. Basta pensare che si è arrivati a spacciare la plastica come alternativa sostenibile alla pelle. E per coloro che conoscono il settore è la cosa più ridicola che si sia mai sentita. Purtroppo, però, tra i consumatori è una cosa accettata. Quindi noi stiamo lanciando un progetto dedicato a una pelle che non contiene nemmeno quei prodotti utilizzati nella concia metal free. È tutto basato esclusivamente su estratti vegetali e polimeri, con i quali otteniamo un prodotto altamente performante, molto simile a quello derivante dalla concia al cromo o wet white.

In futuro vi aspettate, quindi, un’attenzione ancora maggiore dei clienti finali verso questi aspetti?

Credo che la pandemia rafforzerà la sensibilità per gli aspetti ambientali, perché quella che stiamo attraversando è, alla fine, una sorta di crisi tra l’uomo e la natura. Che pone domande e ci ha mostrato l’apprezzamento vivo delle persone per l’aria pulita, il rispetto dell’ambiente e della fauna. In più i nostri clienti, che di solito sono impegnati nella frenesia della quotidianità, hanno avuto a loro volta un momento di pausa e riflessione, dedicandosi a progetti più long-term. In queste settimane abbiamo avuto una serie di incontri, rigorosamente virtuali, con clienti da ogni parte del mondo che sono stati molto interessanti. Stiamo sviluppando una serie di partnership conciarie e abbiamo impiegato questo tempo per mettere a punto il progetto nei minimi dettagli, dallo sviluppo delle pelli, allo storytelling, agli studi scientifici che abbiamo condotto negli ultimi anni in collaborazione con prestigiose università, alle certificazioni.

Ritiene che questo nuovo modo di lavorare vi accompagnerà per molto?

Dal punto di vista di vicinanza ai clienti non è cambiato molto, salvo per ciò che riguarda l’assistenza tecnica. Ma è anche un momento in cui si pensa a esigenze di logistica o di gestione della crisi, dato che quasi tutte le aziende conciarie stanno viaggiando a una media del 50% della loro capacità produttiva. Prevediamo, comunque, di essere bloccati con i viaggi per altri 3 mesi, non è da escludere 1 anno. Quindi, per forza, dobbiamo inventarci un nuovo modo di lavorare che però, salvo lo sviluppo di pelli che continuiamo a spedire e ricevere tramite corrieri, vedo si sta rivelando efficace. Il viaggio è un limite che si gestisce. Preoccupa piuttosto la domanda di pelle. In questo senso ci sono segnali importanti dalla Cina dove pare che il mercato post-crisi sia partito piuttosto bene, però non è detto che l’Occidente reagisca allo stesso modo.

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