Industrie Chimiche Forestali regge bene l’onda d’urto di Covid. L’azienda lombarda (leader nei prodotti tecnici per incollare componenti nel calzaturiero, pelletteria, automotive e alimentare, ha contenuto le ricadute finanziarie della pandemia. E, nel 2020, ha continuato a investire nel proprio progetto di sostenibilità.
La resistenza di Industrie Chimiche Forestali
“Non abbiamo mai fermato gli stabilimenti e non abbiamo fatto ricorso neanche a un’ora di cassa integrazione – spiega a borsaitaliana.it il CEO Guido Cami -. Non solo: ci siamo anche messi a produrre tessuti per mascherine chirurgiche 100% made in Italy e detergenti per mani”. Nel 2020 l’azienda lombarda ha arginato l’onda d’urto di Covid, chiudendo con un fatturato di 60,5 milioni di euro (contro i 71,7 del 2019) e con un Ebitda pari a 7 milioni di euro.
La sostenibilità
La pandemia, poi, non ha rallentato gli investimenti in sostenibilità e ricerca, a cui l’azienda dedica 22 addetti su un totale di 129. Dopo aver ridotto del 39% le emissioni di anidride carbonica, Nox e VOC tra il 2017 e il 2019 ora “stiamo portando al 50% del totale la produzione di adesivi privi di solventi o a base acqua – continua Cami -. Appena 10 anni fa era senza solventi appena il 20% dei nostri prodotti. È un percorso innovativo che ci porta spesso nelle fabbriche dei nostri clienti a spiegare le potenzialità di miglioramento ambientale di tutta la filiera”. Nel 2020 ICF ha anche effettuato uno studio LCA (Life Cycle Assessement) “che ha misurato tutti gli impatti principali del ciclo di vita di tessuti, estrusi e impregnati con l’obiettivo di pubblicare e registrare la EPD (Environmental Product Declaration), che fornirà ulteriori garanzie a tutti gli stakeholder” aggiunge il manager.
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