La legge californiana fa casino coi PFAS e a rimetterci è la pelle

La legge californiana fa casino coi PFAS e a rimetterci è la pelle

Dai primi di gennaio 2025 devono sottostare alla disciplina della Proposition 65, la legge californiana che regola la presenza di sostanze chimiche nei prodotti distribuiti nello Stato, anche i PFAS. Peccato, però, che il legislatore californiano abbia posto nella norma due paletti che mettono fuorigioco molte più pelli di quante se lo meriterebbero.

Dove si trovano i PFAS

Dunque, come riepiloga UNIC – Concerie Italiane, “i PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) sono una classe di composti chimici artificiali che contengono alte quantità di fluoro legato ad atomi di carbonio”. Per le loro proprietà, nella storia recente dell’industria hanno trovato utilizzo “nella produzione delle padelle antiaderenti, nei dispositivi medici e perfino nei cartoni per pizza e nelle carte da forno”. Mentre “nel settore conciario sono stati utilizzati in passato per trattamenti idrorepellenti e antimacchia”. Ok. Tornando alle faccende californiane, la Proposition 65 chiede che se ne dichiari “l’utilizzo intenzionale”. E qui cominciano i problemi della pelle.

Le gabole della legge californiana

I problemi sono due, denuncia l’associazione aderente a Confindustria Moda Accessori. Innanzitutto, “a differenza di quanto accade in altri settori come tessile”, i PFAS possono arrivare alla pelle in modi che sfuggono alla consapevolezza del conciatore. In che modo? Possono “essere presenti in piccola proporzione (cioè inferiori alla soglia dopo la quale la norma europea ne prevede la denuncia, ndr) nei compound di rifinizione o come agenti antiaderenti”. Oppure, per fare un altro esempio, possono trovarsi “nei sali di cromo ottenuti dal riciclo dei bagni della galvanica”. Morale: la Proposition 65 chiede alle concerie un controllo delle sostanze che va oltre le proprie materiali possibilità.

 

 

Ma i problemi non finiscono qui

I problemi sono due, dicevamo. Una riguarda l’intenzionalità, il secondo la misurazione: in California chiedono che la concentrazione di fluoro organico totale sia fino alla fine del 2026 entro i 100 milligrammi per chilo. Più facile a dirsi che a valutarsi. “I PFAS sono circa 5.000 sostanze, tuttavia è possibile identificarne solo un centinaio – scrive UNIC –. Per valutarne la presenza complessiva è stato adottato il criterio di ricerca del Fluoro Organico Totale: ciò presuppone che tutto il fluoro organico provenga da sostanze poli e per-fluorurate”. La questione non finisce qui. Mentre non esistono metodi standardizzati, molti laboratori nel rilevare “il fluoro totale” includono anche quello inorganico. Che è “molto diffuso” e “presente in proporzioni variabili in prodotti d’origine minerale (bentonite, caolino e dolomite) e conseguentemente in alcuni loro derivati, che sono utilizzati regolarmente nel settore conciario, quali la calce idrata e l’ossido di magnesio”. È evidente che su questi presupposti tante pelli uscirebbero dai test di laboratorio non forti di un “pass”, ma punite da un “fail”. Un problema enorme: si prospettano partite bloccate a causa di “fake results” che non hanno a che fare con i PFAS.

All’argomento ha dedicato uno studio il laboratorio di analisi Ars Tinctoria: clicca qui per leggerlo

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