Se in Italia il consumo di acqua necessario per la produzione di un metro quadro di pelle dal 2003 al 2016 è calato del 20% (fonte: Rapporto di Sostenibilità 2017 UNIC) c’è un perché. Hanno influito le esigenze di un fashion system sempre più sensibile al tema della responsabilità ambientale. E, soprattutto, hanno funzionato gli sforzi per il rinnovamento del processo operati dalla concia italiana. Investimenti in macchinari, ricerca e infrastrutture che, è bene ricordarlo, non sono mai terminati, ma continuano tuttora. La gestione delle risorse idriche da parte dell’industria italiana della pelle è diventata un case history al convegno “L’Acqua non è un bene infinito, ma un bene comune da preservare per il futuro”, organizzato a Roma (15-16 marzo) da Femca CISL con SindNova ed Ecoman. In un programma che ha coinvolto università, associazioni, ministeri, imprese e sindacati, e davanti a una platea numerosa e variegata come il panel, UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria) ha potuto mostrare i risultati del settore nella gestione delle risorse idriche. Facendo scoprire, specie a chi non conosce la filiera, che la pelle italiana è un modello internazionale. Anche in questo.
TRENDING