La congiuntura è stata ed è difficile. Il prossimo futuro non offre particolari ipotesi di semplificazione, a cominciare dagli effetti, tutti da capire, della Brexit. Nonostante il contesto problematico, però, il quadro del settore conciario italiano, presentato questa mattina alle Stelline di Milano, in occasione dell’Assemblea Annuale UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria), rivela una tenace vitalità e ne ribadisce la leadership (produttiva e qualitativa) in Europa e nel mondo. Nel 2015 la produzione ha subìto una diminuzione limitata, attestata attorno al -2% sia in valore (5,2 miliardi di euro) che in volume (124 milioni metri quadri di pelli finite, 26mila tonnellate di cuoio da suola). Stesso trend per le esportazioni, pari a 4 miliardi di euro, che cedono il 2% del loro valore rispetto al 2014, arrivando a incidere per il 77% del fatturato nazionale. Faticoso e “variegato” il panorama della destinazione calzaturiera che l’anno scorso ha ordinato il 6% in meno di pelli. Meno marcato il rallentamento di pelletteria e arredamento (-1%), stabile l’abbigliamento, in crescita l’automotive che vale il 10% della produzione nazionale e tra il 20 e il 25% di quella veneta. Dati che ribadiscono il ruolo trainante della concia tricolore a livello internazionale: in Europa sono italiani il 65% della produzione (seconda la Spagna, col 9%), il 78% delle concerie e il 53% degli addetti, mentre nel mondo è italiano il 19% di tutta la pelle prodotta. Prospettive sul 2016? Molto caute. Chiudere l’anno sui livelli del 2015 è l’auspicio di tutti.
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