In Bangladesh la filiera della pelle è a un bivio. O cresce, sfruttando le potenzialità che perfino i maggiori analisti internazionali intravedono. Oppure si spegne, soffocata dai dati negativi confermati anche per il primo semestre del nuovo anno fiscale.
Avvio a rilento
L’Export Promotion Bureau ha diffuso in questi giorni i dati sull’export di prodotti in pelle relativi al periodo luglio-dicembre. Nei 6 mesi il settore ha registrato una flessione del 10,61%, generando vendite per 475,83 milioni di dollari. Nel primo semestre del precedente anno fiscale le vendite avevano invece toccato i 532,3 milioni di dollari. Secondo gli esperti a influenzare in maniera negativa l’andamento ci sarebbe il fatto che buona parte delle concerie trasferitesi a Savar non sono ancora entrate in funzione. In aggiunta, come evidenziato dal presidente della Bangladesh Tanners’ Association, Shaheen Ahamed, a theindependentbd.com, la domanda di prodotti in pelle proveniente da Paesi come la Corea del Sud, la Cina e alcuni Stati dell’Unione europea è calata a causa della diffusione di materiali sintetici.
Filiera della pelle al bivio
Le difficoltà mettono in ginocchio una filiera che, secondo una recente analisi dell’International Finance Corporation (IFC) del World Bank Group, potrebbe determinare un grande slancio per il Bangladesh. Gli esperti della Banca Mondiale ritengono che il Paese asiatico dovrebbe puntare su prodotti in pelle, calzatura e ingegneria leggera per espandere il proprio paniere di prodotti esportati. Così potrebbe sostenere una crescita economica accelerata, aumentando le opportunità di investimento e creare più posti di lavoro. L’auspicio dei conciatori locali è, dunque, che il governo velocizzi la messa in funzione dell’impianto di trattamento degli effluenti, il famoso CETP, di Savar.
Grido di allarme
L’appello disperato è stato rinnovato anche lo scorso 13 gennaio. In occasione di un convegno a Dhaka, Saiful Islam, presidente dell’Associazione dei produttori ed esportatori di pelletteria e calzaturiera del Bangladesh, ha sottolineato che “si deve fare qualcosa per aggiungere valore. Il Bangladesh ha un vantaggio importante rispetto ad altri, in quanto il settore della pelletteria e della pelle può contare sul flusso interno di materie prime – continua dal portale thedailystar.net -. L’obiettivo di esportare 5 miliardi di dollari di prodotti in pelle entro il 2021, però, potrebbe non essere possibile“.
Un governo sordo
A Dacca la voce dei conciatori sembra destinata a rimanere inascoltata. Il governo del primo ministro Sheikh Hasinaha ha annunciato l’intenzione di istituire parchi industriali di calzature e prodotti in pelle in diverse città: la stessa Savar, Puthia e Chattogram. Più che sulla lavorazione del grezzo, dunque, l’amministrazione bengalese sembra orientata verso investimenti sullo sviluppo di prodotti finiti. (art)
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