Un nuovo fondo miliardario sarà messo a disposizione delle concerie del Bangladesh, che intanto sono accusate dai loro fornitori di avere grossi debiti pendenti. Martedì scorso l’Esecutivo ha varato un pacchetto di 17 nuovi interventi per rilanciare il commercio del pellame e del prodotto in pelle del Paese, mettendo a disposizione del progetto 5 miliardi di dollari da qui al 2024. In particolare, come ha riferito alla stampa il capo di gabinetto Shafiul Alam, gli interventi sosterranno la riconversione a tecnologie “green”, interventi per i quali si potranno chiedere prestiti a basso costo.
Bega interna
Continua nel frattempo lo scontro tra fornitori e operatori del settore, i quali sono accusati di aver sfruttato le pelli degli animali utilizzati per i riti sacrificali islamici di Eid al-Adha ottenendole a un prezzo molto basso. Di conseguenza, sempre secondo quanto sostengono i fornitori, i conciatori non avrebbero acquistato da loro la solita quantità di pellame. Inoltre, questa nuova ondata di materia prima finita nelle concerie avrebbe portato gli operatori a non utilizzare le scorte di magazzino, dove viene stimato siano conservate circa 30.000 pelli grezze di cui, è ancora l’accusa dei fornitori, ne sarebbe stato pagato solo il 20 o al massimo 30%. La ricerca di pellame a costo più basso sarebbe però anche una scelta obbligata per alcuni conciatori, costretti a far fronte agli alti costi affrontati per spostare le proprie aziende da Hazaribagh a Savar.
Depuratore automatizzato
Parlando proprio del nuovo Central Effluent Treatment Plant (CEPT) il presidente della Bangladesh Small and Cottage Industries Corporation (BSCIC), Mostaque Hassan, ha spiegato che il governo ha importato una serie di attrezzature che saranno installate nell’impianto in modo da renderlo completamente automatizzato. A esso, inoltre, si dovrebbero affiancare tre nuove discariche. Tuttavia, come riporta internationaleathermaker.com, il professore Delwar Hossain dell’università del Bangladesh sostiene che una grossa quantità di prodotti chimici e macchinari giunti dalla Cina sarebbero stati bloccati dalle autorità doganali al confine. Se così fosse, dunque, l’impianto dovrà aspettare ancora per essere messo pienamente in funzione e trattare i 25.000 metri cubi giornalieri di reflui fissati come obiettivo. (art)