Mentre il governo bengalese tentenna sulle misure da intraprendere per la filiera della pelle, al bivio tra morte e resurrezione, la giustizia fa il suo corso. L’Alta Corte chiude 100 concerie perché abusive e inquinanti. Il provvedimento arriva all’interno di una misura più ampia che riguarda nel complesso 231 fabbriche. Per loro, adesso, è prevista la sospensione delle forniture di gas, acqua e luce.
L’Alta Corte chiude 100 concerie
“Queste fabbriche hanno compiuto per anni gravi crimini”, commenta con Associated France Press il presidente della commissione per la salvaguardia della rete fluviale bengalese (National River Conservation Commission of Bangladesh). Quali sarebbero? “Non hanno mai ottenuto le autorizzazioni ambientali e hanno inquinato il Buriganga. Vigileremo sull’applicazione del provvedimento dell’Alta Corte”.
Lo scenario della concia
I governi bengalesi succedutisi negli ultimi lustri, racconta AFP, hanno chiuso un occhio, o forse due, sulla sostenibilità ambientale del manifatturiero nazionale. Non solo quello della filiera della pelle, sia chiaro: ma anche del tessile e della plastica, per dire. La priorità era sostenere la crescita industriale. I tempi, però, stanno cambiando. Dal 2017 è in corso il faticoso processo di trasferimento delle concerie dal vecchio distretto di Hazaribagh al nuovo e, almeno sulla carta più efficiente, cluster di Savar. Ci sono, però, decine di aziende, a volte del tutto abusive, che continuano a far girare i bottali scaricando illegalmente nei fiumi. Ora la priorità è il Buriganga, il grande corso d’acqua del Bangladesh.
Foto del Buriganga nel tratto che attraversa Dacca da Wikipedia
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