Che mondo sarebbe senza l’industria delle pelli esotiche

Che mondo sarebbe senza l’industria delle pelli esotiche

Tanti, molti, troppi invocano una moda senza coccodrillo, lucertola o serpenti. Perché è insostenibile, dicono. E a volte, come capitato con il recente bando della London Fashion Week, ricevono dagli alti piani del sistema inaspettati e immeritati assist. Ma il punto è che in tanti, molti, troppi non hanno idea del contributo dell’industria delle pelli esotiche al pianeta e alla società. Se n’è parlato il 26 febbraio a Lineapelle durante il convegno “La sostenibilità dell’industria del rettile” (in foto). “Negli anni Settanta l’alligatore del Mississippi era una specie a rischio estinzione – ha rivendicato Karl Flowers della società di consulenza Autentichae –. È grazie alla sinergia tra allevamenti, che alla schiusa delle uova liberano parte degli animali in natura, e organizzazioni conservazioniste, se oggi di esemplari di alligatore ce ne sono milioni e la specie è al sicuro”.

Visione complessiva

È infatti in una visione olistica che si apprezza meglio il contributo del settore all’ambiente e alla società. ICFA è l’associazione internazionale degli allevatori di coccodrillo: nata nel 2016 con 12 soci, oggi ne conta 42 e si pone obiettivi di sviluppo. Come la condivisione di standard di animal welfare, delle procedure e di social governance. Nonché dal 2023 la redazione dell’LCA (life cycle assestment) del settore, a partire dall’alligatore del Mississippi e con l’ambizione di ripetersi con altre specie (come il Porosus e il Nilensis). Dall’analisi dei dati sono emersi risultati interessanti, rivendica Flowers. “Ad esempio, si riconosce nei suoli ripopolati di alligatori maggiore concentrazione di nitrogeno e di fosforo – spiega –, valori che permettono la crescita di una vegetazione più rigogliosa a favore di terreni più resistenti di fronte ai cicloni stagionali”.

 

 

Un mondo senza l’industria delle pelli esotiche?

“Se non ci fosse domanda di pelli – è la premessa logica di Cathelijne Klomp, segretaria di IMARC –, non ci sarebbe neanche l’incentivo economico per la conservazione degli habitat e delle specie di rettile”. Se è sbagliato, allora, pensare di compiere un atto green eliminando le “exotic skins” dalle collezioni (ed è allarmante che “per ragioni di opportunità politica anche le istituzioni di carattere scientifico preferiscano rimanere neutrali”), è vero però che a tutti gli step della filiera si confermi l’impegno per il miglioramento delle pratiche. Per questo IMARC, associazione multistakeholder per la conservazione dei rettili, vuole innanzitutto estendere il proprio raggio d’azione dall’ Asia all’Africa e al sud America. Fino alla definizione di una certificazione sulla base degli standard cui l’associazione ha già definito.

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