“Recuperiamo le nostre pelli dalla filiera alimentare”. Il claim etico, proposto da UNIC – Concerie Italiane e l’ente di certificazione ICEC, è semplice, chiaro, verificabile e non fuorviante. Non è una frase emozionale, è una verità che ribadisce un concetto basilare per l’industria conciaria. “C’è bisogno di comunicare a clienti, operatori, opinione pubblica e consumatori una caratteristica tecnica essenziale della supply chain”, afferma Luca Boltri, vicedirettore UNIC, durante il webinar tenuto il 14 settembre insieme a Sabrina Frontini, direttore ICEC. Ha moderato l’evento Fabio Iraldo, docente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Università Bocconi di Milano. Sono tre le aziende che hanno già ottenuto la certificazione e che sono intervenute in un panel: Gruppo Dani (Arzignano), Rino Mastrotto Group (Trissino) e Conceria Incas (Castelfranco di Sotto).
Il claim etico contro un percepito errato
“C’è bisogno di avere la garanzia che le pelli conciate siano un sottoprodotto – spiega Boltri –, perché è molto diffusa, soprattutto nei giovani, una percezione errata rispetto alle origini della pelle”. Un’analisi condotta da UNIC nel 2018/19 ha rilevato una spiccata preoccupazione sul benessere degli animali, soprattutto negli under 35. Cioè la fascia di popolazione che non conosce il funzionamento del mondo agro-alimentare. “In molti sono convinti che la pelle non sia un prodotto sostenibile perché gli animali sono uccisi appositamente per estrarne la pelle”. È qui che interviene la nuova certificazione, Claim TS733, che si propone come un addendum alle certificazioni ICEC TS410/412 già esistenti sulla tracciabilità dei prodotti.
Claim TS733
“Vogliamo dare evidenza, attraverso la nostra verifica, che l’abbattimento degli animali sia esclusivamente per fini alimentari – continua Frontini –. Controlliamo la tracciabilità della materia prima, recuperando la documentazione sull’origine della pelle grezza”. La raccolta dati avviene su 12 mesi di ordini di acquisto delle pelli. Non si basa su autodichiarazioni delle concerie. Sono necessari documenti che attestino la provenienza delle pelli (tracciabilità) da macelli autorizzati ed operativi per la filiera della carne: almeno il 75% in volume di ordini mappati devono avere abbinata una documentazione.
Una carta d’identità del prodotto
Le tre aziende che hanno scelto di aderire al claim etico si sono dette soddisfatte dei riscontri che stanno avendo. “Abbiamo fatto un gran lavoro all’apice della nostra industria. Un percorso stimolante – è la testimonianza Andrea Sapri del Gruppo Dani – . Poter comunicare ai nostri stakeholder un claim certificato, e non un’autodichiarazione, è una garanzia del lavoro che ci sta dietro. Al cliente arriva una sorta di carta d’identità del prodotto che, in questo momento storico, diventa più importante del prodotto stesso”. “Questo è un tassello nel puzzle della sostenibilità. Abbiamo colto l’occasione per dare un valore aggiunto al nostro lavoro e comunicare in modo garantito quello che per noi è scontato”, aggiunge Cecilia Fochesato di Rino Mastrotto Group. “La sostenibilità è nel nostro DNA – commenta Piero Rosati di Incas -, ma non la sappiamo comunicare. Il Covid ha amplificato questo gap. Ora dobbiamo recuperare. Questo claim ci dà la garanzia di certificazione da ente terzo, ci dovrà veder muovere tutti insieme in modo organico, le concerie associate UNIC e poi i nostri clienti. Così il messaggio può essere più forte”. (mvg)
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