La questione è semplice. E proprio questa semplicità rappresenta un paradosso. L’industria della moda negli ultimi lustri si è abituata a lavorare nei tempi stretti del just-in-time. Ma la supply chain è in tilt. La pandemia, prima, e la guerra, dallo scorso febbraio, hanno messo in crisi l’efficienza della logistica globale. Per essere più chiari: fino a gennaio 2020 era possibile per un brand fare affidamento su una filiera dislocata in tre continenti, nonché pianificare volumi di produzione bilanciati sulle previsioni di mercato e tempi di consegna molto stretti. Ora non si possono più dare per scontate molte cose, dai costi alla logistica. Una serie di incognite di cui devono farsi carico i player della filiera.
Se la supply chain è in tilt
Al tema dedichiamo il numero 9 del mensile La Conceria: Il Tempo che Vorremmo Avere. Parliamo delle difficoltà della filiera con conciatori, of course, e trader di materia prima conciaria, che ci offrono la prospettiva della pelle. Ma interpelliamo anche capitani di imprese che si occupano di prodotto finito (calzaturifici e pelletterie). Esploriamo, infine, la prospettiva dei marchi con Ferrero Rosati, CEO di Factory, Giulio Felloni, presidente di Federmoda Italia Confcommercio, e Thomas Chauvet, analista del settore dei beni di lusso per Citi Investment Research .
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