La calzatura rimane il primo cliente della pelle italiana. Ma la sua quota è di maggioranza ormai relativa (35%), tallonata da vicino dalla pelletteria (26%). Che, d’altronde, “è molto cresciuta negli ultimi anni” e consolida il secondo posto. Gli inseguitori, imbottito e automotive, sono rispettivamente al 17% e 15%. La congiuntura di mercato di UNIC – Concerie Italiane, resa nota in occasione dell’assemblea annuale, permette di leggere uno spaccato sull’andamento delle destinazioni d’uso della pelle. Tutte cercano la ripresa dopo lo choc della pandemia: solo l’arredamento ha superato (abbondantemente) i livelli del 2019.
Su base annua
Guardando alle variazioni percentuali su base annua dei primi 8 mesi del 2021, il bilancio della pelle è tutto sommato in area positiva. In valore la produzione segna il +22,5%, mentre l’export fa il +24,6%. Guardando alla produzione per destinazioni d’uso, calzatura, pelletteria e automotive si attestano tutte intorno al +10%. Anche la pelle per abbigliamento è sul +10%, ma la sua quota complessiva si registra al 4%, dato che ne fa ormai una destinazione di nicchia. Spicca nello scenario, dicevamo, l’arredamento che, col suo +25% su base annua, si riprende alla grande dopo un lungo periodo di stagnazione.
L’ultimo anno pre-Covid
I risultati positivi sul 2020 sono, per certi versi scontati. Perché il confronto è su mesi condizionati dall’esplosione del Coronavirus e dalle chiusure. Più indicativo è il confronto con i primi 8 mesi del 2019, l’ultimo anno pre-pandemico. Ecco, ne risulta che il fatturato estero della pelle italiana è ancora in ritardo del 14%, mentre la produzione è al -22%. Guardando alla produzione per destinazione d’uso, le pelli per arredamento sono l’unica tipologia conciaria che ha recuperato, e anzi ha superato, i livelli di produzione pandemici (+26%). Tutte le altre destinazioni sono nella forbice del -5/10%. Il recupero completo si vedrà solo nel 2022.
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