Da un lato, i sostegni all’industria. Dall’altro, la chiusura di interi distretti. In India, gli operatori dell’area pelle vivono e lavorano in un contesto complesso e contraddittorio.
Sostegno calzaturiero
Il Governo ha annunciato il sostegno all’attività calzaturiera attraverso l’istituzione di fondi di Responsabilità Sociale delle imprese (CSR). Lo scopo è “offrire alla comunità un ambiente di lavoro migliore stabilendo – come riporta il blog entrepreneur.com – che le imprese del settore devono investire in questo ambito il 2% annuo dei propri utili”.
Obiettivo 9 miliardi
Mahendra Nath Pandey, ministro per lo Sviluppo delle Competenze e dell’Imprenditorialità (MSDE), durante un evento svolto a Chennai, ha affermato che l’intera area pelle nazionale è trainata dalle esportazioni e, nello specifico della scarpa, possiede una potenzialità molto importante. Può dare lavoro, dice il ministro, a 2 milioni di persone nei prossimi 5 anni. Una “folla” che andrebbe ad aggiungersi ai 2 milioni e mezzo già occupati. Il settore calzaturiero indiano vale il 2% del PIL nazionale e fattura circa 5,85 miliardi di dollari all’anno. A fronte della, possibile, crescita ipotizzata da MSDE, può ambire a generare un giro d’affari di 9 miliardi.
Ma i macelli non ce la fanno
Tra gli altri interventi introdotti, però, c’è anche l’innalzamento delle imposte che gravano sul commercio della pelle grezza. Un provvedimento che ha messo subito in difficoltà le concerie. E bruscamente rallentato l’attività dei macelli. In particolare, di quelli dell’area di Qureshi Mohalla. Qui, come racconta Time of India, molti imprenditori sono arrivati al punto di portare le pelli in discarica non trovando acquirenti. L’aumento delle tasse, anche sui prodotti chimici, ha fatto crollare la domanda interna di grezzo (ovicaprino, soprattutto), compensata solo minimamente dall’aumento del 7% delle esportazioni.