CRV, il decreto chiude la produzione: cosa succede alle concerie

CRV, il decreto chiude la produzione: cosa succede alle concerie

Il tempo necessario è quello ritenuto minimo e indispensabile per “completare le attività” in corso. Le concerie italiane, quindi, entro mercoledì 25 marzo 2020, concluderanno i processi di produzione avviati la scorsa settimana e, rispettando le norme del DPCM pubblicato ieri, chiuderanno temporaneamente la produzione fino al 3 aprile.

Fino al 25 marzo

Una deroga generalizzata e ufficializzata nella giornata di ieri, per la quale UNIC – Concerie Italiane si era attivata per rispondere in tempo reale alle aziende. La loro necessità era semplice: evitare che l’interruzione della attività in corso (dalla bottalatura all’asciugatura) generasse non solo la perdita di tutti i materiali, ma, soprattutto, l’eventualità di creare situazioni igienico-sanitarie problematiche. Il DPCM, sancisce che “le imprese le cui attività sono sospese hanno tempo fino al 25 marzo 2020 compreso per completare le attività, compresa la spedizione della merce in giacenza”.

Chi resta aperto

Come comunica UNIC in una circolare, “il Governo, a seguito dell’aggravarsi dell’emergenza Covid-19, ha sospeso tutte le attività tranne:

– quelle che erogano servizi di pubblica utilità o essenziali;
– quelle di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché di prodotti agricoli e alimentari e quelle comunque funzionali a fronteggiare l’emergenza;
– quelle dell’aerospazio, della difesa e di rilevanza strategica per l’economia nazionale, ma previa autorizzazione del Prefetto;
– quelle che possono essere svolta con modalità a distanza o lavoro agile;
– quelle professionali e commerciali, salvo quanto previsto nel DPCM dell’11 marzo 2020;
– quelle che sono indicate nell’Allegato 1 del provvedimento governativo, tra cui, però, non rientra l’attività conciaria.

Il ciclo produttivo continuo

Come spiega UNIC, “previa comunicazione al Prefetto della Provincia ove è ubicata l’attività produttiva, sono anche consentite:
a) le attività che sono funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività permesse;
b) le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all’impianto stesso o un pericolo di incidenti;
ma il Prefetto può però sospendere le predette attività qualora ritenga che non sussistano le condizioni per la continuazione. Per gli impianti finalizzati ad erogare un servizio pubblico essenziale non sarà invece necessaria la comunicazione al Prefetto. Si ritiene che nel caso b) possano rientrare gli impianti delle concerie la cui chiusura potrebbe creare un grave pregiudizio all’impianto o un pericolo di incidenti. Per esempio: depuratori aziendali biologici a piè di fabbrica, impianti termici ad olio diatermico”.

La materia prima

“Per quanto concerne l’ipotesi a) – continua UNIC – stiamo valutando se l’attività conciaria (come invocato dalla nostra associazione in sede di formazione del decreto), possa, ove i tempi di sospensione si protraessero a lungo, rientrare nel caso in questione. Essendo funzionale allo smaltimento degli scarti dell’industria della carne, che rientra tra le attività permesse”. Tuttavia conclude UNIC, “una tesi del genere sarà sostenibile solo se e quando le attività cui la nostra è funzionale (come quelle di macellazione) solleveranno presso le autorità competenti le problematiche di rischio sanitario e ambientale derivante dalla putrefazione dell’elevato numero di pelli non smaltite”.

 

 

Leggi anche:

CONTENUTI PREMIUM

Scegli uno dei nostri piani di abbonamento

Vuoi ricevere la nostra newsletter?
iscriviti adesso
×