Nessun incentivo alle imprese locali e politiche finanziarie che favoriscono, invece, gli investitori stranieri. Sono le accuse rivolte al governo etiope da una parte dei conciatori locali e riportate dal quotidiano The Reporter Ethiopia, dove si legge che venerdì molti rappresentanti delle aziende del settore hanno manifestato il proprio dissenso contro le nuove proposte avanzate dal Ministero del Commercio e dell’Industria per l’esportazione di pelli finite. Questa soluzione sarebbe stata adottata attraverso l’imposizione di un divieto per l’esportazione di pelli conciate o semilavorate, su cui dal 2012 pesa già una tassa del 150%. Secondo quanto dichiarato al quotidiano locale da Berhanu Abate, presidente della Ethiopian Raw Hide and Skin Traders Association, il divieto andrebbe abolito per consentire il libero commercio, mentre per Yared Alemayehu, direttore generale di Walia Tannery, le imprese etiopi sarebbero ora costrette a competere con player molto meglio posizionati a livello globale a cui si aggiungerebbe il fatto che “l’importazione di macchinari usati è stata consentita solamente alle società straniere e non a quelle nazionali”. Per capire verso chi sono rivolti gli strali degli operatori etiopi, basta tener conto che nella filiera della pelle del Paese ai tradizionali investimenti europei (quelli inglesi di Pittards su tutti) si sono di recente sommati quelli ingenti provenienti dalla Cina. Una concessione alle imprese locali, conclude The Reporter Ethiopia, potrebbe arrivare sull’export di pelli in crust. (art)
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