Ethiopian Leather Industry Development Institute (Lidi) ha diffuso i dati dell’anno fiscale 2012/13. Il Paese ha esportato pelli per 123,4 milioni di dollari, cifra che manca l’obiettivo prefissato dei 192 milioni. Sembra questa la preoccupazione dell’associazione dei conciatori che, di riverso, potrebbe esaltarsi dal raddoppio dell’export di pelli finite (101 milioni). La manifattura riveste un ruolo ancora marginale: 19 milioni per le scarpe e 3 per i guanti esportati. Sebbene l’intero comparto abbia superato dell’11% le cifre dell’anno precedente, Lidi non ha raggiunto le cifre richieste dal governo e previste dal Growth & Transformation Plan (Gtp), un progetto studiato per otto settori nazionali chiamati a rinforzare l’economia nazionale su base quinquennale. Fra questi c’è il conciario, che viene aiutato impedendo l’esportazione di pelli a basso valore aggiunto. Sotto pressione governativa, Lidi addita tra le cause quella che sembra la piaga del settore: il contrabbando. “Il problema sta divenendo grave – sostiene Wondu Deresse, direttore generale Lidi – il nostro è un settore emergente e questo costituisce un tappo che ne impedisce la crescita. Calcoliamo di aver perduto almeno 20 milioni di dollari a causa del commercio illegale”. L’istituto conciario ha scoperto calzature acquistabili nei Paesi confinanti (Kenya e Sudan) sfuggite ai controlli doganali. (pt)
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