L’obiettivo più ampio, a livello settoriale, è quello di “vendere meglio la nostra pelle”. Quello più strettamente contingente alla congiuntura attuale, è farsi trovare pronti quando “i segnali positivi” che si intravedono si trasformeranno in quella che potrebbe configurarsi come una tumultuosa ripresa. Di questo e molto altro ci parla in questa intervista Filippo Francioni, presidente del CdA di Sanlorenzo, conceria di Castelfranco di Sotto, da poco entrato nel Consiglio Generale UNIC – Concerie Italiane.
Come commenta il suo ingresso nel Consiglio UNIC?
Per me è un grande onore. Perché Sanlorenzo è sempre stata associata a UNIC e perché nel nostro DNA aziendale e familiare c’è una forte e continua propensione all’associazionismo a livello locale e nazionale. Quindi mi fa molto piacere aver l’occasione di poter portare e condividere la mia esperienza.
Vendere meglio la nostra pelle
Con quali priorità si deve confrontare l’industria italiana della pelle da oggi al prossimo futuro?
Dobbiamo riuscire a vendere meglio il nostro prodotto, valorizzando la pelle come materiale caratterizzato da importanti e reali qualità sostenibili e circolari. Da troppo tempo quello conciario è additato come un settore in cui le aziende lavorano come fossero ancora nell’800. E questo, nonostante siamo stati i primi ad affrontare e gestire tematiche green e progetti di sostenibilità.
Una sfida complessa…
Proprio per questo, richiede messaggi che spieghino al consumatore, con efficacia e semplicità, cos’è davvero la pelle. Per riuscirci, occorre fare più squadra che mai tra noi aziende e in questo UNIC diventa fondamentale nel portare avanti questa lotta. È ora di finirla con chi parla della pelle descrivendola al contrario di quello che è.
Segnali di ripresa
In che modo ha visto evolversi il 2020, in relazione alla sua prospettiva aziendale?
Il 2020 era partito in modo scoppiettante e con ordini importanti. Poi, durante il lockdown, inevitabilmente tutto si è raffreddato. Ma ci siamo difesi egregiamente e siamo soddisfatti dei risultati ottenuti. Al punto che prevediamo un 2021 soddisfacente, a meno di altre brutte sorprese.
Su cosa si basa questa considerazione?
Vediamo segnali di ripresa da parte dei brand posizionati sui mercati in questo momento più attivi: Cina, Corea, Stati Uniti. L’Europa, invece, soffre. Abbiamo mantenuto le nostre posizioni grazie a un importante lavoro di sviluppo commerciale che ci ha permesso, negli ultimi anni, di differenziare moltissimo il portafoglio clienti. In questo quadro, si inserisce l’investimento fatto nei nostri due showroom. Quello di Santa Croce, Casa Sanlorenzo, e quello di Parigi, Chez Sanlorenzo. Qui offriamo al cliente la possibilità di visionare il campionario in ogni momento dell’anno: è un approccio diverso alla vendita.
Online e acquisizioni
Il lusso, per reagire a Covid, sta spingendo in modo strutturale sull’online: cosa ne pensa?
Credo che l’online, finora, abbia permesso alle griffe, ma non a tutte, di compensare in parte il problema dei negozi chiusi. Ma su certi prodotti, come l’abbigliamento per il quale noi lavoriamo, l’e-commerce non può sostituire l’esperienza fisica dell’acquisto. Per una ripresa vera, quindi, bisogna attendere la ripartenza dei viaggi. Anche perché, per esempio, nonostante i cinesi stiano acquistando molto lusso in patria, sono convinto che quando torneranno a viaggiare, compreranno molto di più.
A più livelli, lungo la filiera, il 2020 ha rafforzato il trend delle acquisizioni e delle aggregazioni. Ritiene che proseguirà anche nel 2021?
Sì. Il dado oramai è tratto. Le grandi multinazionali devono per forza comprare aziende a tutti i livelli. Prima l’hanno fatto con calzaturifici e pelletterie. Ma ora, per avere la certezza qualitativa delle forniture di pelli di cui hanno bisogno, comprano a monte. Si tratta di una scelta fondamentale che permette alle griffe di avere il controllo del prodotto e, allo stesso tempo, le mette nella condizione di sorreggere la filiera. Credo che stiamo assistendo solo all’inizio di un trend che si rafforzerà in futuro.
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