“UNIC è forte e rappresentativa. L’associazione ha raggiunto un alto grado di autorevolezza. Molti grandi gruppi conciari hanno inteso la nostra eccezionalità e hanno deciso di aderirvi. ll nostro percorso continua a essere entusiasmante”. Gianni Russo, presidente UNIC – Concerie Italiane, chiusa l’Assemblea del 3 dicembre, tira le somme di un mandato coinciso con la strutturale trasformazione dell’associazione.
Una trasformazione che non si ferma e si apre a nuovi orizzonti.
Si può dire che UNIC ha concluso la sua prima fase evolutiva e, con l’Assemblea del 3 dicembre, ne ha avviata un’altra?
Assolutamente sì. La nomina dei nuovi consiglieri rappresenta il primo atto di questa volontà. Durante il mio mandato è stato avviato un processo di cambiamento piuttosto complesso. Lo abbiamo affrontato basandoci sulla solidità, sulla coesione e sull’esperienza del Consiglio in carica. Abbiamo semplificato la struttura societaria del Gruppo. Avviato una revisione contributiva in linea coi tempi. Consolidato la nostra dimensione finanziaria. E offerto reali benefici a tutti i nostri associati. Oggi, che la prima fase di questo cambiamento è conclusa, abbiamo ritenuto necessario aprire a forze nuove, che possano portare idee e stimoli innovativi.
Verso cosa si indirizza il futuro di UNIC e della conceria italiana?
Abbiamo tanti e ambiziosi progetti il cui sviluppo è garantito dal fatto che il consenso in seno a UNIC è assoluto. Niente e nessuno è riuscito a scalfire la nostra serenità. Lo dimostra il fatto che nel 2015, quando assunsi la carica, avevamo 148 soci, oggi sono 172. Ma, ancora più significativo, è il dato del 68% di rappresentatività del fatturato dell’intero settore, contro il 48% di allora. Un risultato straordinario, che già da solo dà la misura della credibilità e dell’utilità acquisita da UNIC. Io mi trovo nella condizione, in base alle nuove norme statutarie, di lasciare la presidenza nel 2020. Ma lo faccio con la consapevolezza che il mio mandato è stato, non solo impegnativo, ma, soprattutto, appassionante.
Su quali fronti sta lavorando UNIC?
Prima di tutto, la sostenibilità. Nonostante una fama di cui fatichiamo a liberarci, la conceria italiana vanta un grado elevatissimo di innovazione, di investimenti in ricerca e sviluppo. La maggior parte sono finalizzati a migliorarne in modo continuo l’eccellenza sostenibile. Il Rapporto 2019 che abbiamo presentato documenta quanto la sostenibilità sia un valore che abbiamo costruito nel tempo. E dimostra come lo abbiamo perseguito con tenacia, con strumenti e costi di cui ci siamo fatti carico, ottenendo risultati straordinari. Questa edizione del Rapporto è la sedicesima e compie un salto di qualità: non aggiorna soltanto i dati di settore, ma li analizza alla luce dei Sustainable Development Goals definiti dall’ONU nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
Un approccio sostenibile sempre più innovativo e utile…
Non può essere altrimenti. UNIC, in questo senso, affianca le concerie italiane offrendo consulenze e strumenti sempre più moderni. Sono strumenti necessari per rispondere con tempestività e competenza alle richieste sempre più pressanti dei clienti e di normative sempre più complesse.
La sostenibilità della pelle italiana, quindi, è un dato di fatto…
Sì. La nostra maturità industriale e tecnologica è tale che prevediamo di migliorare sempre più rapidamente i nostri processi e prodotti, cercando di soddisfare altrettanto rapidamente le esigenze etiche, sociali, ambientali che ci pervengono dai nostri clienti. Non a caso abbiamo premiato, con orgoglio, le concerie che hanno ottenuto la Certificazione ICEC di Sostenibilità.
Non è sufficiente?
Nonostante questo nostro impegno quotidiano, ci scontriamo movimenti e ideologie che ritengono fra loro incompatibili mercato e ambiente.
Comunicare, quindi, è diventato molto più che un’urgenza…
È un’urgenza che, purtroppo, rappresenta il segno del tempo in cui stiamo vivendo. Qui sta il senso della campagna che UNIC ha affidato all’agenzia internazionale Spring Studios. Parte da un invito: Don’t say greenwashing. E arriva a promuovere il concetto che solo “la vera pelle è vera sostenibilità”. Dobbiamo sconfiggere luoghi comuni e ignoranza contraddistinti da una penalizzante cultura del rifiuto e della diffidenza. E dobbiamo fare capire con forza che la conceria italiana rappresenta un unicum.
Quale?
Quello di essere tradizione, ma, soprattutto, futuro.
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