Iliprandi spiega al CorrSera come Bonaudo ha superato il 2020

Iliprandi spiega al CorrSera come Bonaudo ha superato il 2020

I numeri sono rassicuranti. Perché se è vero che il fatturato è calato del 23% su base annua, l’attivo cash risulta invece in crescita. Bonaudo, gruppo conciario con headquarter in Lombardia, ha superato il 2020 con una solidità finanziaria tale da far guardare con fiducia al prossimo futuro. Lo ha spiegato il patron Alessandro Iliprandi (nella foto a destra) durante il secondo appuntamento con “Meet the Champion”, evento digitale de L’Economia del Corriere della Sera e ItalyPost.

Come Bonaudo ha superato il 2020

L’anno, ça va sans dire, è stato nefasto per l’effetto della pandemia sull’industria del lusso. I 46 milioni fatturati da Bonaudo nel 2020 sono in flessione su base annua, quindi. Ma ai vertici del gruppo possono rasserenarsi per un arretramento inferiore alla media nazionale. Mentre la redditività “è calata del 30% – riporta l’inserto economico del CorrSera – la solidità finanziaria è rimasta intatta. Anzi: l’attivo cash di 300.000 euro del 2019 è salito a 9,7 milioni. Risorse utili per uscire dalla crisi che, per il comparto, sembra allungarsi anche sul 2021”. Come? “Con una sapiente gestione sul lungo periodo”, risponde Iliprandi.

 

 

Il valore della sostenibilità

Per Bonaudo, così come per l’intera filiera italiana, la sostenibilità è l’essenza stessa del lavoro. “Quale greenwashing, noi parliamo verde da sempre – dice –. E non può essere una moda: è un’identità”. È, oltretutto un “indiscusso fattore immateriale del successo”, come lo definisce il CorrSera. “Siamo industriali dall’animo artigianale – continua Iliprandi –. Le mode e i consumi cambiano, ma noi vogliamo continuare a produrre eccellenza e qualità, garantendo allo stesso tempo standard ecologici e di innovazione sempre più elevati. È fondamentale non sentirsi mai arrivati e continuare a mettersi in discussione”. Del dibattito sulla pelle fa parte anche l’annosa (e spesso futile) contestazione vegana, che non vorrebbe vedere impiegati materiali animali nella moda e nel design. “Finché si continuerà a mangiare carne, la materia prima non mancherà”, conclude Iliprandi. Perché la pelle è un sottoprodotto della zootecnia che la concia inserisce in un processo di upcycling.

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