In India la rivincita degli “intoccabili” passa attraverso la pelle. La comunità dei Chamar, formata dagli ultimi nella piramide sociale induista, raccoglie i lavoratori della filiera della pelle. In sostanza gli addetti alle concerie o i produttori di articoli come borse e scarpe: le caste superiori non si sporcano le mani con i prodotti di derivazione animale. In molte zone del subcontinente, però, dove la tradizionale stratificazione sociale condiziona ancora la vita di tutti i giorni, questo termine ha una declinazione dispregiativa, tant’è che i Chamar, ad esempio, non possono entrare nelle abitazioni di chi appartiene a caste considerate superiori. Sudheer Rajbhar, un artista di Mumbai, ha creato l’anno scorso Chamar Studio, marchio sostenibile per gli artigiani Chamar di talento. “Volevo vedere come le persone avrebbero risposto a un” marchio Chamar “nei mercati di lusso”, sostiene l’artista con la stampa locale. Il progetto è stato inizialmente sposato da un ciabattino, Sachin Bhima Sakhare, e da Suresh Agwane, fondatore di Made by Dharavi, un marchio che vende accessori in pelle creati dagli operai delle baraccopoli. Le borse Chamar Studio hanno un prezzo da 1.500 rupie a 6.000 rupie (da 20 a 75 euro circa) e possono essere ordinate dalle pagine dei social del marchio o dal sito web. Stanno avendo successo e sono arrivate anche in Germania. Rajbhar condivide il 50% del fatturato, mentre l’altra metà servirà anche per sviluppare gli Chamar Studios degli artigiani. E dalle creazioni in pelle il marchio si sta espandendo in altri prodotti e sta attirando l’attenzione di importanti portali di e-commerce. (mv)
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