Ci voleva una lettera aperta firmata dalle principali sigle internazionali della pelle per ristabilire un semplice principio di buon senso. La concia accetta la concorrenza, non si nutre di pregiudizi verso i materiali alternativi. Ma proprio per questo non tollera che i competitor usino argomenti capziosi e diffamatori per avvalorare le proprie posizioni. “C’è abbastanza spazio sul mercato per materiali di diversa natura – recita la missiva, firmata da Cotance, ICT, IULTCS, ICSHLTA e Leather Naturally –. L’industria della pelle non ha problemi con la concorrenza, a condizione che sia corretta. Per questo non rimarrà impassibile di fronte a chi allo stesso tempo si appropria della sua immagine, ma denigra le sue caratteristiche”.
La concia accetta la concorrenza
Il riferimento, ça va sans dire, è ai tanti materiali, più o meno “bio-based”, più o meno innovativi, che si presentano come alternativa alla pelle, ma non per questo escludono le parole leather o skin dal proprio nome commerciale. Che millantano la propria sostenibilità, ma per farlo hanno bisogno di gettare strali sulla concia. È un discorso fazioso e limitante. Perché “la recente analisi comparativa condotta dall’Istituto FILK ha dimostrato che le alternative hanno prestazioni inferiori alla pelle”, mentre “i loro claim di sostenibilità risultano profondamente compromessi dall’ingente ricorso a materiali sintetici”. E poi, rivendica la lettera, chi denigra la concia dimentica che questa, tra le altre cose, svolge un fondamentale ruolo circolare. Perché? Recupera uno scarto della zootecnia, trasformandolo in un prodotto nobile per la filiera del fashion e del design. “Qualcuno dei nuovi materiali è in grado di fare altrettanto?”.
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