Mandrie popolose, ottimo potenziale e manodopera esperta. Nonostante ciò, la concia dell’Africa orientale fatica a sbocciare. Il problema, secondo una recente indagine, risiede nell’instabilità politica. Questa determina la scarsa propensione agli investimenti da parte di imprenditori locali e, ancor più, esteri. A causa di tale situazione, le concerie africane faticano ad adeguare i propri standard produttivi al livello internazionale.
Il potenziale della concia dell’Africa orientale
La pelle dell’Africa orientale rappresenta appena lo 0,24% dell’interscambio mondiale annuo. Vale a dire 478 milioni di dollari. Un’inezia rispetto a ciò che potrebbe essere. Un’indagine di Leather Apex Society of East Africa mette in luce come il mercato locale offra molta materia prima in virtù delle numerose mandrie, bovine ma anche ovine. Al tempo stesso, però, gli strumenti e le modalità di produzione sono carenti. Al di sotto degli standard internazionali.
Gli ostacoli
Il governo keniota, come riporta businessdailyafrica.com, ha recentemente elaborato un piano per ridurre il costo dell’elettricità del 30% entro la fine del primo trimestre di quest’anno. L’ha già ridotta del 15%, ma gli investitori del settore affermano che è necessario fare molto di più per ridurre ulteriormente i costi. In Tanzania, una delle principali preoccupazioni è la scarsa qualità praticata nella catena del valore della pelle, a causa del divario di competenze. In Uganda, la storia è più o meno la stessa: i produttori lamentano la bassa qualità della pelle, che importano principalmente dai Paesi vicini. Per finire, in Burundi le attrezzature e le tecnologie sono obsolete, mentre gli operai scarsamente qualificati. (art)
In foto (Shutterstock) un allevatore in Tanzania
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